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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Reality

di FilmTv Rivista
8 stelle

Sul post Gomorra di Garrone che sta anche “prima”, mi sono trovato a sentire chiare due cose che sospettavo: 1) nel mio Paese, l’anima in pena dell’aspirante al posto di Re, promesso a tutti, ha un trono che l’aspetta, un loculo per svanire e rinvenire, deve solo trovare la strada per invertire la rotta, dalla realtà alla contemplazione della clinica, dalla possessione al set; 2) la commedia impossibile nel cinema italiano d’eterno vittimismo del passato ha una possibile commedia nel rifiuto violento della nostalgia e nella ricerca violenta di un realismo sospeso sul cinema che ci precede, nei contenuti come nella forma (strada che percorre anche la tragicommedia di Ciprì). Matteo Garrone ha una visione chiara e strutturata della regia cinematografica. Trattando di un vaneggiamento nel contesto chiassoso, solidale, paradossale di Napoli, e del distacco nel sogno di una cosa, cerca una posizione giusta e attraente, diciamo una personale “realtà aumentata”, una prospettiva comunque diversa dal grottesco, dal pastiche o dalla satira. Anche per i detrattori, in questo senso, Reality diventa una commedia aperta a fruttuose scomposizioni e ricomposizioni tra gli specchi del “ventennio”, lasciando traspirare l’olezzo del virus. Non è un gioco. È un valore. L’aspirazione al Grande Fratello, quel bunker di eletti che ti cambia la vita se non sai che vita vuoi, tocca il pescivendolo Luciano in occasione d’un provino. Saracinesca e banco al quartiere Barra e un traffico di robot di cucina, vive l’attesa di una convocazione con spostamenti progressivi dal desiderio al delirio al desiderio delirante, fino a sentirsi “assente non giustificato” dal programma, scatenando una nevrosi di controllo che è comica, tragica e simbolica (la vendita della pescheria, il grillo che lo fissa in casa, la donazione ai poveri). Per il medico è «trauma da GF», dopo le trasmissioni passerà (Arena, attore carcerato, parafrasa Totò dove Totò sembrava la marionetta sorvegliata da un dio/giudice). È fondamentale, ma non lo diciamo, come Luciano riesca a introdursi nella “casa” tra i vanagloriosi protagonisti, un fantasma nella sua patria di spettri. E ora fuori i nomi: Fellini, Visconti, Germi, De Sica...

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 39 del 2012

Autore: Silvio Danese

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