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Reality

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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giancarlo visitilli

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La recensione su Reality

di giancarlo visitilli
8 stelle

Un brano del Vangelo ci chiede di comprendere la differenza tra l’essere e l’apparire, tra il falso e il vero. A volte, per seguire l’apparire ci allontaniamo da noi stessi". E’ tutto racchiuso in queste poche parole il senso del meraviglioso e nuovo lavoro di Matteo Garrone.

Lasciandosi alle spalle quell’altra faccia della Campania, malavitosa e votata all’assordante silenzio, interrotto solo dal rumore delle armi, il regista di Gomorra ora racconta una storia di tutti i giorni. Di quelle che, per almeno uno dei propri famigliari, diventa storia di casa nostra. Perché si tratta di uomini e donne, compresi i bambini, che, rincoglioniti per un gigantesco occhio, capace di inoltrarsi fin nelle midolla delle vite delle persone, crea assuefazione, dipendenza, falsi sogni. Proprio come accade a Luciano, un pescivendolo napoletano che, per integrare i suoi scarsi guadagni, si arrangia facendo piccole truffe insieme alla moglie Maria. Grazie a una naturale simpatia, Luciano non perde occasione per esibirsi davanti ai clienti della pescheria e ai numerosi parenti. Un giorno, spinto dai familiari, partecipa a un provino per il Grande Fratello. Da quel momento, la sua percezione della realtà non sarà più la stessa. L’attesa, l’ansia e l’ossessione, fino ad arrivare a credere di essere spiato “da quelli della televisione”, che lo vogliono mettere alla prova, farà ammalare Luciano di “shock da Grande fratello”.

Il film di Matteo Garrone è un’opera importante. Perché, finalmente, dichiara pubblicamente che viviamo in un paese in cui la meritocrazia è un optional e l’avvenenza è vero talento. Non è un caso che il regista, come in tutta la maggior parte della sua produzione, utilizzi il surreale, come arma immaginifica che disarma, sconcerta, irretisce. Tutto ciò che si guarda, dall’iniziale e lunghissimo piano sequenza, straordinario, fino alla sequenza finale, è vera goduria per gli occhi. Perciò, anche a al Festival di Cannes 2012, dove il film era in Concorso, Reality ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria.

L’ossessione per la vita altrui, dal confessionismo defilippiano, che non passa mai di moda, al voyeurisimo, in cui la popolarità e la fama senza talento sono un sistema valido, per cui esserci, in certe situazioni/trasmissioni/feste/orge, “fa figo” e diventa anche gesto ‘politico’, Reality è una sorta di risveglio dei sensi. Ci si guarda e ci si intristisce. Perché Reality, di vero ha ch’è una storia non affatto distante dalla nostra vita. Coinvolge tutti, grandi e piccoli. Senza tener presente lo schermo in cui ognuno di noi vive, o prescindendo da chi ci guarda, il vero trauma è che noi abbiamo fatto credere anche ai nostri figli che ciò “è tutto vero”. Le scene più tristi del film non sono affatto quelle in cui gli adulti osannano gli uomini e le donne che entrano ed escano da una casa (sic!), ma come noi abbiamo fatto credere questo vero ai nostri figli, i cui sogni oggi appaiono maggiormente falsati, vista la realtà in cui viviamo. La bambina di Luciano che, dopo aver chiesto ad Enzo di farsi una foto, non è ancora contenta perché sa che la sua contentezza coincide anche con quella per cui anche il padre deve farsi la foto con Enzo, è un messaggio tristissimo e ‘tostissimo’ che ci porge il film. Senza moralismi, arriva come un pugno nello stomaco. E fa male. E’ ciò per cui oggi stiamo male: cos’è ‘sta crisi che viviamo, se non un sistema in cui i “grandi fratelli” sono quelli che da anni ci osservano ed ora ci tengono prigionieri dei loro sistemi bancari, finanziari, politici e tecnici? Siamo tutti nella stessa casa.

Eccellente l’interpretazione di Aniello Arena, un carcerato e che ha girato usufruendo di permessi speciali, ci ricorda tantissimo il De Niro di trent’anni fa. Pertinente la colonna sonora, composta dal francese Alexandre Desplat. Elegante e con una forte caratterizzazione la regia tutta di un film di cui si parlerà anche negli anni a venire. Si esce dalla sala, anche dopo averlo visto la seconda volta, ed è come essere imprigionati in un’eterna Via Crucis. Non c’è altra casa da raggiungere, se non quella in cui tutti ci si riconosce bisognosi di tanti cirenei, che ci sveglino da tanto falso torpore.

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