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The Grey

Regia di Joe Carnahan vedi scheda film

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Immorale

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La recensione su The Grey

di Immorale
7 stelle

La furia della natura, scatenata contro i personaggi del film di Carnahan, ha valenza direi oggettiva: impietosa, inarrestabile ed invincibile rappresenta ciò che l’uomo tenta invano di dominare da millenni, non comprendendone l’essenza immutabile, cioè l’adattabilità. Caratteristica che l’uomo, con i suoi scarsi mezzi “naturali”, è impossibilitato a fare nel breve periodo senza ausili esterni creati dal suo ingegno. Che non sempre bastano. 

 

 

La natura matrigna, dicevamo, viene in questo caso rappresentata da uno o più branchi di lupi scatenati sulle tracce dei sopravvissuti di un disastro aereo nelle inospitali lande del nord-America. Una odissea terrena ma onirica, tale è l’inattaccabilità del ciclo vitale imposto dalle lande ghiacciate e dalle bestie spietate ai disperati uomini, braccati in ogni dove e privi della confortante sicurezza della “civiltà”. Ne scaturisce un racconto essenzialmente privo di fronzoli ma potente e concreto, non raffinato nella stesura (il regista prova ad elevarsi autorialmente con numerosi inserti onirici, a volte scontati a volte intriganti, comunque ben integrati nel montaggio) ma emozionante in parecchie sequenze (la morte di Diaz/Frank Grillo). Sufficientemente bilanciati anche i dialoghi, molto rarefatti ed a volte stereotipati, ma a farla da padrone è senz’altro la splendida fotografia delle affascinanti ed allo stesso modo terrificanti location naturali teatro delle riprese (effettuate in Alaska ed in Canada, British Columbia), che contribuiscono, con la loro imperturbabile glacialità, ad enfatizzare le tetre tematiche di questo fosco survival-horror. 

 

 

Unica vistosa pecca è l’eccessiva antropomorfizzazione comportamentale, quasi ottocentesca, attribuita ai lupi grigi, rappresentati come spietati e vendicativi oltre ogni verosimiglianza etologica, pur comprendendo la necessità cinematografica di estremizzare il versante horror ed attribuire agli scontri portata epica.                                                                                                                                        

 

Il protagonista, infine, un cristologico LIam Neeson, ci consegna una interpretazione sufficientemente bilanciata e sofferente, senza brillare particolarmente ma convincendo appieno per intensità. 

 

 

Una (salda) guida tragica all’interno di questo inferno bianco, dove l’unico legame tra uomo e fiera è il caldo battito del cuore (ancora) pulsante. Nonostante tutto.  

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