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Himizu

Regia di Shion Sono vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Himizu

di alan smithee
8 stelle

locandina

Himizu (2011): locandina

"Sumida non arrenderti! Sumida hai un sogno, non cedere! Sumida dì qualcosa, sei un fiore unico nel suo genere, non ti arrendere!!" 

Sumida è l'himizu del titolo, che significa "talpa" e sta ad intendere il proposito, l'atteggiamento del ragazzino protagonista di tendere ad una vita ordinaria, normale, senza alti e bassi, senza ascese e crolli, cioè totalmente diversa da quella che sembra essere caratterizzata la sua esistenza: soprattutto da crolli, da quando il ragazzo viene abbandonato prima dal padre violento, che talvolta si ripresenta per rubargli dei soldi e per picchiarlo violentemente qualora non ne abbia o egli vi si opponga. 

Una talpa che possa nascondersi sottoterra o al riparo nella sua casetta affacciata sul lago che comunica calma e relax.

Quando anche la madre di Sumida lo abbandona, scappando con un amante, il ragazzo rimane solo nella sua baracca di legno al limite del fiume: lascia la scuola per coninuare a mandare avanti l'attività di noleggio di barche, aiutato, materialmente e moralmente, da alcuni vicini di casa poveri ma di cuore, in particolare un vecchio barbone dal cuore d'oro e d'animo pacifico, che non si preoccuperà di mettersi nei guai pur di aiutarlo.

Nonostante alcuni solidali atteggiamenti di aiuto e solidarietà, il ragazzo finisce dritto verso la cupa disperazione, devastato dal comportamento del padre, che si indebita a tal punto che gli usurai vengono a battere cassa presso il figlio, minacciandolo e malmenandolo: a tentare di salvarlo da questo suo percorso verso la follia, una compagna di scuola che, perdutamente infatuata del bel ragazzino, si adopera pure lei per infondergli speranza e progettare assieme al ragazzo un futuro fatto di normalità e piccole soddisfazioni.

Sullo sfondo del Giappone di fine 2011 devastato dallo Tsunami e in preda alle comprensibili psicosi da radiazioni che hanno fatto seguito al disastro conseguente ai danni da esso provocati alla centrale nucleare di Fukushima, Sion Sono ci stupisce ancora una volta con un cambio di registro, con una storia che si dipana in mille altre secondarie, per poi tornare ad occuparsoi del nostro ragazzo e della sua disperazione: una grande capacità d'orchestrare storie e trame, restando fedele alla sua idea di recitazione e rappresentazione sopra le righe della vita: personaggi eccentrici, recitazione forzata e quasi manierata che il regista evidentemente pretende ed ottiene dai suoi attori, per rappresentare un mondo violento dove regna l'ingiustizia e la sopraffazione, in un pianeta devastato dove il pesce più grande cerca di sopraffare e sbranarsi quello più piccolo...almeno sinché questo non trova la forza (della disperazione) per ribellarsi, sfoderando una energia e una potenza fino a quel momento nemmeno prevedibili.

Follie collettive, gente che urla di non ricordarsi chi è, coltelli affilati alla mano si susseguono ed alternano ad atti di generosità verso il prossimo conclusi con la medesina determinazione, anche a costo di divenire assassini: nelle esistenze dei personaggi di Siono, i buoni ed i cattivi alla fine si somigliano, tendono ad assumere i medesimi atteggiamenti.

Poi però, dopo tanto dolore e violenza, un barlume di speranza ci viene probabilmente concesso in un finale in corsa che suggella tra i due fidanzatini, che piangono e si disperano, ma in fondo sono contenti di star pensando entrambi ad un probabile futuro insieme, ordinario, forse banale, ma sereno nella sua semplice e consueta routine tanto agognata dalla nostra "talpa".

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