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Là-bas. Educazione criminale

Regia di Guido Lombardi (II) vedi scheda film

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La recensione su Là-bas. Educazione criminale

di nickoftime
8 stelle

Le mani sulla città. Sono quelle della camorra e di tutti quelli che come lei cercano di strappare un angolo di paradiso ad una terra condannata dall'egoismo degli uomini. Con ogni mezzo ed a ogni costo. Tra di loro si ritrova quasi per caso Yussouf, giovane africano giunto a Castel Volturno con il sogno di chi l'ha già preceduto in quel viaggio. La speranza di lavoro ed una vita dignitosa si infrangono con le difficoltà di una vita vissuta ai margini. Così quando il giovane chiede aiuto allo zio diventato nel frattempo un boss della locale comunità africana si ritrova immediatamente coinvolto in un traffico di droga a cui contribuisce smerciando la letale sostanza. Un'attività portata avanti con successo e determinazione, in cui entrano in gioco anche l'amore e l'amicizia, e che durerà fino a quando gli interessi dei nuovi arrivati non interferiranno con quelli delle potenti cosche presenti sul territorio. Da quel momento nessuno sarà più al sicuro.  


Scavalcando la cronaca a cui il film comunque si consegna nel finale, facendo confluire la vicenda di Yussouf nella strage di Castel Volturno del 2008 in cui persero la vita sei immigrati africani uccisi da una gang di camorristi,"Là-Bas" riscrive la parabola del figliol prodigo scandendola in altrettante tappe, ciascuna delle quali, la fratellanza accolta e poi rifiutata nei confronti di chi gli ha dato asilo, la progressiva discesa agli inferi lavorando per conto dello zio, la presa di coscienza ed il ritorno sui propri passi, concorre a delineare un gangster movie anomalo per l'assoluta mancanza di enfasi con cui è trattata la violenza. Collocato in un contesto fortemente caratterizzato dalla scelta di girare nei luoghi dove i fatti sono realmente accaduti e per la rinuncia al doppiaggio dell'idioma parlato all'interno della comunità africana ( principalmente il francese ma anche l'inglese, entrambi sottotitolati)ed immerso in un atmosfera di alienazione a cui non è estranea la decisione di diradare il paesaggio geografico così come quello riconducibile alla letteratura malavitosa, trasposta in maniera concreta nelle facce da sgherro dei camorristi senza nome che si interfacciano con lo zio Moses, il mondo di "Là-Bas" è lo specchio di una società che preferisce non guardare, nel film la presenza dello stato e delle sue istituzioni sono una chimera destinata a rimanere tale, rinunciando a difendere i più deboli per evitare di fare i conti con le responsabilità che ne derivano.
 
Evitando la retorica sull'immigrazione, raccontata dall'interno con un personaggio che ad un certo momento si trasforma consapevolmente (e per comodità) da vittima a carnefice, e la cui redenzione avviene solamente quando si troverà con le spalle al muro, l'esordiente Guido Lombardi traccia un quadro della situazione a dir poco sconfortante. Mettendo a confronto due realtà criminali, apparentemente diverse eppure uguali nel perseguimento delle rispettive finalità - la coercizione dello zio Moses nei confronti del nipote non differisce da quella ben nota messa in atto dalla controparte - il regista sembra dirci che il male appartiene agli esseri umani senza alcuna distinzione, e non risparmia neanche chi sceglie apertamente di non parteciparvi, se è vero che le vittime della strage erano persone assolutamente innocenti. Girato senza la frenesia che contraddistingue chi lavora sul campo e costruito su un insieme di immagini che nell'alternanza tra primi piani, e campi lunghi (rari ma significativi) riesce ad essere rappresentazione oggettiva ed insieme emozionale, il film di Guido Lombardi autore anche della sceneggiatura ha vinto il premio quale migliore opera prima all'ultimo festival di Venezia a cui ha partecipato nella sezione dedicata alla Settimana internazionale della critica. Una vittoria meritata.
(pubblicata su ondacinema.it)

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