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Il Cecchino

Regia di Michele Placido vedi scheda film

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La recensione su Il Cecchino

di supadany
6 stelle

Non è da tutti ottenere l’occasione di girare un poliziesco in Francia; Michele Placido si è conquistato sul campo questa possibilità (grazie a “Romanzo criminale”, 2005 e “Vallanzasca”, 2010), peccato che questa volta quanto si vede sia ben lontano dall’equipararsi alle precedenti opere in materia dell’autore pugliese.

L’ispettore Mattei (Daniel Auteuil) sta per incastrare una banda di rapinatori, ma un cecchino (Mathieu Kassovitz) spara ai suoi uomini permettendo la fuga ai suoi compari.

La banda deve comunque cambiare i propri piani, nel giro entra un medico (Oliver Gourmet) che diventerà il terzo vertice di un confronto tra Mattei ed il cecchino, in un vortice di uccisioni e passate tragedie che ritornano tempestosamente a galla.

 

Daniel Auteuil, Nicolas Briançon

Il Cecchino (2012): Daniel Auteuil, Nicolas Briançon

 

In meno di novanta minuti, Michele Placido racchiude davvero tanto materiale, tra personaggi in contrapposizione (spesso feroce), motivazioni in trasformazione (parecchie consapevolezze mutano in corso d’opera) ed un variegato tenore del racconto e forse anche per questo motivo l’amalgama nel suo complesso non convince del tutto.

In generale, sembra un po’ un “carro armato”, il susseguirsi dei fatti è talmente tempestoso che molte scene chiave finiscono nel tritacarne senza poter esplodere in tutta la loro potenza, che sia essa espressiva (alcune scene d’azione sono proprie di un cinema ben lontano dal nostro microcosmo) o emotiva (ci sono tanti rapporti umani messi alla prova quando non del tutto annientati).

E’ comunque un cinema decisamente pulsante, che non da tregua, proprio come i personaggi principali si comportano tra di loro (tutti alla caccia di qualcun altro o impegnati in una fuga impossibile), ma poi si schiacciano le potenzialità, la trama non è certo irreprensibile nelle sue tante sfaccettature, mentre la regia è spesso accesa, sempre pronta ad aumentare il voltaggio, soprattutto nelle sequenze più dinamiche come quelle di apertura ed di chiusura che si sa, già di loro sono i momenti chiave per prima assorbire l’attenzione dello spettatore ed infine lasciare un ricordo a covare.

Anche a livello estetico ci siamo, la fotografia fornisce evidenti connotati cromatici “da genere”, mentre qualche sorpresa non proprio positiva arriva dal cast.

Infatti Daniel Auteuil, altrove, ed in scenari del genere, molto bravo, sembra appesantito e poco risoluto, Mathieu Kassovitz gioca in difesa (il personaggio avrebbe meritato un interprete dotato di maggior estro), invece Oliver Gourmet fa percepire la natura di uomo pericoloso e viscido; discorso a parte per Luca Argentero e Violante Placido, tenace il primo anche se distante dalla presenza dei colleghi francesi, mentre la seconda, quando viene chiamata ad accrescere il pathos melodrammatico, palesa alcune difficoltà nella recitazione.

Un’opera che non mantiene le (alte) attese, ma che comunque serve un piatto ricchissimo, al quale manca un po’ di strutturazione in alcuni confronti portanti e di qualche attenzione in più per inspessire quest’ultimi, prediligendo un countdown risolutivo dal ritmo vorticoso fin dall’inizio, nel rispetto del filone nel quale si inserisce fin dalle intenzioni.

Serrato, ma con parecchi aspetti, spesso dettagli, rivedibili.

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