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L'estate di Giacomo

Regia di Alessandro Comodin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'estate di Giacomo

di miss brown
2 stelle

Una mia amica ha visto questo film per dovere d'ufficio l'anno scorso a Locarno, dove ha vinto Il Pardo d'Oro-Cinema del Presente, prima di una lunga serie di onorificenze. Quando le ho detto che andavo a vederlo è stata lapidaria: E' il classico film da festival! Cioè uno di quei film che sembrano programmati a tavolino per piacere ai critici e al pubblico snob che frequenta esclusivamente i festival e si schifa dall'andare al cinema a vedere film "normali". Quanto avevi ragione amica mia!
L'autore è il trentenne Alessandro Comodin, originario di S.Vito al Tagliamento (Pordenone). Dopo la maturità si è trasferito a Bruxelles, dove si è diplomato in regia ed ha realizzato alcuni documentari e cortometraggi. Questo è il suo primo lungometraggio, prodotto da FILMS NUS, collettivo di artisti e tecnici belgi, dalla francese LES FILM D'ICI, specializzata in cortometraggi e documentari, e dalla friulana FABER FILM.
Tanto per iniziare: non è un film drammatico, ma una docu-fiction di 70 minuti interpretata dalla sorella del regista, e da alcuni suoi amici. Si comincia con una lunghissima inquadratura di spalle di un ragazzo che esegue pessimamente un assolo di batteria: è Giacomo, un ragazzo sordo (porta l'apparecchio acustico) - secondo le note di regia ha 18 anni ma non li dimostra; si comporta e gioca come un bambino, al contrario della sua amica d'infanzia Stefania, più giovane ma come tutte le ragazzine già più matura. Seguiamo i due ragazzi durante una passeggiata nei boschi: li seguiamo letteralmente, per almeno un quarto d'ora la macchina a mano inquadra da un paio di metri la schiena dei due ragazzi che camminano, scivolano imprecando nel fango, inciampano imprecando nelle ortiche (e ogni tanto inciampa e scivola anche l'operatore). Finalmente arrivano ad una spiaggia lungo il fiume Tagliamento (qui per fortuna l'instabile e oscillante macchina da presa viene posata su di un cavalletto, per la pace di chi soffre il mal di mare), nuotano, giocano, fanno merenda, rinuotano. E se il biascicante ma sboccato Giacomo è sordo, Stefania è quasi muta, non parlano di nulla, infilzano qualche banalità e basta. Serata al luna-park: altra scena "di schiena", stavolta siamo su una giostra "calcinculo", altri 5 minuti di mal di mare; poi un'imbarazzante esibizione di ballo liscio.
Altra scena in riva al fiume (stavolta ci è stata risparmiata la trasferta), Giacomo e Stefania giocano, si lanciano palle di fango, ma qualcosa è un po' cambiato, fra loro c'è un'intimità diversa, più adulta. Ancora nella sala della batteria, Stefania suona (malissimo anche lei) e Giacomo canta a squarciagola. Ultima scena ancora lungo il Tagliamento; stavolta non c'è più la vecchia amica Stefania ma l'innamoratissima fidanzatina Barbara, anche lei sorda, che si produce nella "recitazione" del più melenso, banale e ridicolo monologo d'amore che si sia mai letto dai tempi di Liala (anzi, forse Liala se ne sarebbe vergognata anche lei). Fine.
Sono ancora qui a chiedermi che cos'hanno trovato di così meritevole i produttori di questo orrore (a parte la Regione Friuli-Venezia Giulia che si è procurata uno spot pubblicitario per la sua splendida natura) e poi tutti quelli che l'hanno selezionato per una ventina di festival fino a premiarlo, e i critici che l'hanno osannato. La sceneggiatura è pressoché inesistente: i protagonisti sono dei non-professionisti a cui è stata data una traccia con la raccomandazione di "essere naturali". Ma proprio perché non-professionisti non hanno la minima idea di quello che è l'improvvisazione, fanno se stessi e basta. Il regista, e unico operatore, non fa il regista, si limita a documentare passivamente quello che ha davanti agli occhi, con riprese da vecchio Super8 assolutamente dilettantesche, inquadrature sghembe, dialoghi fra due persone alla più alta delle quali viene tranquillamente segata la testa; niente controcampi, minuti interi di macchina fissa (e se gli attori spostandosi escono parzialmente dall'obiettivo chisseneimporta) alternati non a piani sequenza, ma alla macchina che schizza istericamente di qua e di là per cogliere i movimenti dei personaggi. In sede di montaggio molti difetti avrebbero potuto essere corretti, ma volutamente non è stato fatto, per mantenere l'aspetto "naturale e grezzo" dell'operazione. Ad appesantire ulteriormente la visione, il film è tutto sottotitolato, per sopperire agli incomprensibili biascicamenti di Giacomo e al frequente uso di termini dialettali friulani oltre che alla pessima ripresa suoni in presa diretta, a volte fioca, a volte rimbombante.   
L'intento di raccontare con freschezza l'evoluzione sentimentale di un adolescente è miseramente fallito, il risultato è noioso, banale, dilettantesco: in definitiva un film brutto in maniera irritante. Per mia fortuna è durato solo 70 minuti.

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