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Monsieur Lazhar

Regia di Philippe Falardeau vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Monsieur Lazhar

di alan smithee
6 stelle

Monsieur Lazhar arriva nella fredda (in molti sensi) comunita’ canadese come un messia proprio nel momento del bisogno: dopo la tragica fine occorsa all’insegnante di lingua francese, suicidatasi la sera innanzi e ritrovata la mattina presto poco prima dell’inizio delle lezioni, davanti allo sguardo sconvolto di due tra i suoi piu’ cari alunni. Questo angelo spilungone dal cuore d’oro, capello e barba scura che gli donano sembianze angelicamente mefistofeliche, arriva dal nulla e si propone con una certa disinvoltura, quasi con sfacciataggine, alla preside ancora sconvolta dalla disgrazia,  come nuovo insegnante giunto per sostituire la defunta; l’assunzione arriva presto e l’uomo in tal modo si fa carico, con impegno e partecipazione, delle difficolta’ e del disagio che quella morte violenta ha creato nella sensibilita’ cosi’ spiccata di bambini delle elementari. Lazhar e’ un uomo dolce e solare, forse un po’ goffo ma molto umano e sereno, tanto che nessuno potrebbe sospettare il tragico destino che si porta dietro dopo la fuga in Canada dall’Algeria.




Il film di Falardeau e’ girato piuttosto bene: sa cogliere i tempi giusti per suscitare tenerezza e commozione tra il pubblico, avvinto dalla tragica storia che si stempera piu’ volte almeno in un sorriso, ma risulta anche succube di una vicenda che viene un po’ troppo sapientemente gestita a tavolino per destare a tutti i costi l’attenzione, riuscendo dietro preciso calcolo a farsi amare anche al di sopra del sui effettivi meriti; tra questi tuttavia senz’altro ed in primo luogo quello di aver saputo segliere, tra gli interpreti bambini, un duo di attori di una bravura che fa quasi impressione tanto poco lascia spazio all’improvvisazione e al caso, a favore piuttosto di una tecnica recitativa che sembra coltivata con metodo e duro allenamento.

Poi l’emotivita’ sembra a volte non riuscire a trovare un suo punto di contenimento e deborda in situazioni al limite dell’accettabile, come nel caso della lettura (o meglio della recita) del tema della bella bambina bionda protagonista davanti a tutta la classe, in cui la ragazzina mette tragicamente (ma anche un po’ inverosimilmente) a nudo tutto il proprio disagio interiore (una insicurezza troppo consapevole e matura per una giovanissima di quella eta’), un malessere maturato in seguito alla vista del corpo inerte sospeso senza vita di quella dolce ma insicura professoressa infelice e sola.

Un film “da Oscar” che, conoscendo le tendenziali, prevedibili e spesso poco innovative preferenze dei giurati, e’ un miracolo non sia stato preferito al piu’ ostico (ma certamente piu’ bello, completo, maturo) “Una separazione” di Asghar Farhadi.

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