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Romanzo di una strage

Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film

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La recensione su Romanzo di una strage

di giancarlo visitilli
8 stelle

“All’Italia serve una catastrofe che la porti al deserto. Per ricominciare dal primo uomo, dal primo fuoco…”. Non è un ‘tecnico’ Marco Tullio Giordana, piuttosto uno dei più importanti registi del cinema italiano che ha sempre saputo raccontare il tecnicismo politico e sociale del nostro Paese, rispetto agli avvenimenti che lo hanno minato, annacquato e fatto esplodere. Quest’ennesima importante sua opera, liberamente tratta dal libro “Il segreto di Piazza Fontana” di Paolo Cucchiarelli, sta qui a dimostrarlo. Il titolo del film stesso è ispirato da un famosissimo articolo, apparso sul Corriere della Sera del novembre 1974, a firma di Pier Paolo Pasolini (“Cos’é questo Golpe? Il romanzo delle stragi”). La storia è quella che segue la strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969. Subito dopo l’esplosione alla Banca Nazionale dell’agricoltura, che uccide 17 persone, ferendone 88, le indagini della Questura sono tutte orientate verso la pista anarchica. Il commissario Luigi Calabresi e i suoi superiori, Marcello Guida e Antonino Allegra, sono convinti della matrice anarchica della strage, cosi come delle decine di bombe esplose in città negli ultimi mesi. Fra i fermati c’e Giuseppe Pinelli, un anarchico non-violento che Calabresi stima e sa perfettamente estraneo alla strage. Invece Pietro Valpreda, un uomo spesso in contrasto con Pinelli viene arrestato, si tratta del colpevole ideale, il mostro riconosciuto dal tassista Rolandi, che l'ha accompagnato in banca pochi minuti prima dello scoppio. Per ottenere da Pinelli la conferma della pericolosità di Valpreda, continuano a trattenerlo oltre i limiti di legge. Dopo 3 giorni di digiuno e insonnia, Pinelli precipita la notte del 15 dalla finestra dell'ufficio di Calabresi. Il commissario non é nella stanza ma, grazie ai goffi tentativi della Questura di giustificare l'accaduto, finisce per essere identificato come il diretto responsabile. A Treviso i giudici Pietro Calogero e Giancarlo Stiz scoprono una galassia di giovani neonazisti senza partito e senza collare, pronti, di fonte alle lotte studentesche e operaie del '68/'69, a gesti clamorosi. Pur coperti e infiltrati dai servizi segreti, alcuni di loro hanno lasciato tracce evidenti. Giovanni Ventura e Franco Freda vengono arrestati insieme ad altri complici. Calabresi continua a indagare sulla strage. Ora dubita della sua matrice anarchica e pensa piuttosto a legami col traffico internazionale d'armi. Segue la nuova pista fino al Carso dove, due giorni prima di essere assassinato, scopre un deposito clandestino d'armi in uso anche ai neonazisti. Il 17 maggio 1972 Calabresi é ucciso sotto casa. Purtroppo ancora oggi, dopo trentatrè anni di processi, quella che viene definita come “la strage di piazza Fontana” non ha ancora nessun colpevole e resta una delle pagine più tragiche della storia italiana, che fungerà da preambolo alla violenza perpetuatasi negli anni a venire, quegli “Anni di piombo”, tanto cari anche a tanta tv e produzioni cinematografiche degli ultimi anni. Marco Tullio Giordana si assume una grande responsabilità, con tutti gli onòri e òneri, portando su grande schermo la cronaca di quegli anni bui per il nostro paese. Lo fa, ‘assumendo’ un cast di altissimo profilo, ma soprattutto scrivendo la sceneggiatura con le migliori penne del cinema italiano (Sandro Petraglia e Stefano Rulli), capaci di racchiudere una mole di fatti, teorie e testimonianze, non affatto semplici anche dal punto di vista del racconto, in poco più di due ore di pellicola. Il tutto descritto con piglio giornalistico eccellente, con una narrazione che sceglie la divisione per capitoli (in verità troppi). La regia, scurissima e intensamente caratterizzata dalla fotografia di Roberto Forza, alla fine, conferiscono all’opera una robustezza e solidità il cui risultato vien fuori, soprattutto nella cura minima dei particolari. Superando le rigidità ideologiche, recuperando piuttosto l’umanità del gesto, Giordana ricostruisce egregiamente uno dei più grandi paradossi Italiani, per cui, dopo 33 anni di processi, tutti gli imputati sono stati assolti e alle famiglie delle vittime sono state chieste le spese processuali.

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