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Nato il quattro luglio

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Nato il quattro luglio

di maso
8 stelle

Vita da reduce per Cruise in questo via col vento del Vietnam firmato dallo specialista sull'argomento Oliver Stone che si fa testimone di un'epoca a lui cara attraverso le rotelle rivestite di gomma dura sotto le gambe di Ron Kovic, il suo anti eroe anti guerra intortato ben benino in gioventù dai pistolotti anticomunisti e dagli ideali in piombo fuso propinatigli con l'ostia della chiesa, la sua vita sembra legarsi alla guerra appena nato con quella data che ricorda la fine delle ostilità e l'inizio di una nazione mentre la sua immagine è fin da piccolo quella di un soldatino che gioca a fare la guerra fra quei mortaretti così innocenti che si trasformeranno in bombe al napalm e proiettili perennemente conficcati nella sua coscienza, nella sua spina dorsale anche intesa come volontà e coraggio e purtroppo per lui anche sui suoi coglioni e quel pezzo di carne di fondamentale piacere appena sopra che il signore gli aveva dato, la sua missione bontà per gli USA  trasforma la sua vita e lo trasforma in un incubo per se stesso e quelli che lo circondano passando attraverso un ospedale militare pieno di topi e brutte notizie descritto con tagliente realismo fino al rientro a casa dove tutto non è più uguale a prima proprio perché lui non è più uguale a prima, l’incontro con i rimpianti di gioventù legati ai riccioli biondi di Kyra Sedgwick, buttati via per la sua spontanea volontà di poter addirittura morire se necessario per un paese che ti insegna fin da subito che i comunisti sono dietro l’angolo quindi meglio estirpare il cancro alla radice, la continua presa di coscienza di aver fatto male a fare la guerra e non di averla fatta male per cui è giusto pagare ora per quelle vittime innocenti cadute sotto i suoi spari ma non è giusto pagare per quei mortaretti esplosi da un bambino che credeva fosse giusto giocare alla guerra e che adesso si ritrova a piangere sopra una lapide oltre che per se stesso .                                                                                                    

Il film è perfettamente centrato sulla pelle nuda esposta dallo stesso Kovic fra le righe del suo libro con il quale ha sviscerato tutta la sofferenza svilluppata negli anni e bisogna dire che in certi episodi mi sono sentito quasi a disagio nel trovarmi ad osservare scene così intime e personali ma è proprio su questa base che si consolida la forza del film dove il suo alter ego risulta convincente più che mai soprattutto nelle scene  drammatiche in cui gli argomenti di discordia vengono affrontati con schietta precisione, si riesce quindi ad amare questo personaggio che ci prende per mano e ci chiede di spingere la sua carrozzella, c'era il grosso rischio che apparisse contraddittorio e ai più risibile con il suo elmetto colmo di retorica e invece il suo dramma tocca con delicatezza le corde della commozione nell’arco di tutte le tappe della sua vita descrittaci e questo lo si deve con indubbio clamore ad un grandissimo Tom Cruise nell’età anagrafica e professionale più giusta per intraprendere un ruolo così difficile e delicato tanto che lo script gli da modo di fare un simbolico passaggio di consegne fra la prima parte della sua carriera incentrata su eroi adolescenti e quella che succederà “Nato il quattro luglio” dove rivestirà ruoli più maturi e impegnativi: già nei giorni della scuola il triste presagio dell’atterramento nella gara di lotta ci abitua a condividere con lui le tante delusioni che masticherà sempre più amare mentre la notte prima della partenza per il fronte provoca emozioni e nostalgia con la ragazza che aveva occhi solo per lui appena sfiorata durante quel ballo con Moon river in sottofondo mentre fuori diluviava.

La struttura del prima durante e dopo già rodata in “Il cacciatore” funziona a meraviglia e prosegue nel tratto obbligatorio dell’azione bellica dove Stone ormai consapevole di saper mettere in scena egregiamente la guerra, come già visto nel precedente “Platoon” ci concede una ventina di minuti di concitato Vietnam in stile classico dove si limita ad illustrare le ferite dell’anima di Ron Kovic, dallo sterminio degli innocenti, al fattaccio con il suo commilitone fino al giorno del ferimento che gli costa metà del suo corpo sempre attaccato al resto ma immobilizzato dalla vita in giù per tutta la vita.                                                                                

L’orrenda esperienza dell’ospedale militare sancisce il cambio di marcia verso un altro film, un altro Cruise: se fino quel momento si avvertiva il bisogno di osservarlo ora ci viene chiesto di immedesimarci sempre più con i suoi pensieri per comprendere tutte le tribolazioni morali e psicofisiche che ha attraversato l’uomo da lui ritratto, in questa fase del film Stone non fa sconti a nessuno nemmeno al suo protagonista che si becca il sale del discorso in faccia per bocca dell’avversario al biliardo che stufo del suo sbraitare gli dice testuali parole “Smettila di lamentarti: hai combattuto e hai perso! La scelta è stata tua!”, se la parte vietnamita gode dell’esperienza positiva di “Platoon” il reinserimento e la fuga in Messico alla ricerca di un altro modo di amare hanno più di una coincidenza stilistica con “The Doors” sempre di Stone dove la sua telecamera ondeggiava acida fra immagini bombardate da luci intermittenti, il flower power tocca anche Kovic che è però troppo devastato dagli eventi per gustarsi una canna in santa pace, intorno a lui la gente si spacca in due a favore e contro la guerra mentre la sua opinione sulla faccenda si ribalta proprio perché messo quotidianamente a contatto con ragazzi giovani e sani che non se la sono bevuta la cazzata dei comunisti invasori motivo che accentua la depressione alcolica e lo porta allo sbrocco cruciale nel cuore della notte in cui se la prende con la madre bigotta, il suo governo e le balle che gli hanno annacquato il cervello e ridotto a mezzo uomo, Cruise bisunto e piagnucolante, spettinato e con la bava alla bocca urla la sua disperazione ed è estremamente convincente in questo tratto che prelude il capitolo del viaggio in Messico, per la precisione a Villa dulce nel paradiso dei reduci in carrozzella, il più singolare della vicenda ed è forse per questo che risulta un po’ forzato ma comunque illustrato con maestria in special modo nella scena d’amore tattile con la prostituta Maria Elena che ha scelto indubbiamente il mestiere giusto perché bella com’è fa resuscitare i morti.                                                                                     

L’incontro con il cinico Charlie è il punto di svolta per il Kovic confuso e senza stimoli, non gli rimane che esorcizzare i fantasmi che popolano i suoi incubi facendo prima visita alla famiglia del commilitone che ha sulla coscienza nell’ennesima sequenza complicatissima da girare per Stone e che invece risulta essere una delle migliori questa volta non solo per gli occhi lucidi di Cruise ma anche per gli attori che lo circondano in special modo la madre di Billy, il resto è puro impegno civile del protagonista nella sua campagna anti Vietnam, anti guerra, anti Nixon, inevitabile e avvolta in coperte di retorica spesse un palmo che però Stone rende interessante con la sua regia in bilico fra reportage e viaggio lisergico con quella camera che ondeggia fra le smorfie dei sostenitori di Nixon e gli slogan del nostro eroe finalmente redento e pronto per parlare alla nazione intenzionata ad ascoltarlo.                                              

“Nato il 4 luglio” è un film che commuove con la sincerità e per una volta le sviolinate sono belle e ben dosate tanto che il film riscosse un grosso successo un po’ ovunque per la genuinità del messaggio che esprime, gode come già detto di un lavoro di assemblaggio strepitoso da parte di Oliver Stone meritevole di un Oscar, capace di azzeccare il cast a 360° con Cruise in cima alla piramide: l'attore in grande crescita fu la prima scelta assoluta per il ruolo di Ron Kovic e Stone riuscì ad affidarglielo nonostante l’opposizione dei produttori che lo vedevano adatto solo per incarnare giovanotti aitanti mentre a detta degli esperti questa performance rimane ancora oggi la migliore della sua carriera ed è un peccato che fu battuto inaspettatamente nella corsa all’Oscar da Daniel Day Lewis anch'egli confinato in una sedia a rotelle in “Il mio piede sinistro”, forse la scelta ricadde su di lui perché il suo personaggio era meno scomodo e ancor più arduo da interpretare sotto l'aspetto fisico ma la prova di Cruise esaltò lo stesso Kovic più di ogni altro e che più di ogni altro rimase deluso per il mancato riconoscimento all'attore che lo aveva reso epico sul grande schermo.

Oliver Stone

Regia ricchissima di trovate e abbastanza inusuale nelle forme per un racconto biografico in cui la sua telecamera segue con ferma attenzione i dialoghi dei tanti personaggi per poi oscillare vorticosamente nei momenti più sconvolgenti dell'odissea tragica di Ron Kovic.

Tom Cruise

Lavora molto con lo sguardo dando la dimostrazione di essere un attore più dotato che bello in risposta a coloro che lo giudicavano inadatto al ruolo, da parte mia c'è molta stima nei confonti di Cruise perchè è un attore che ha accompagnato la mia crescita e con il quale riesco facilmente ad immedesimarmi.

Ancora oggi la sua più grande interpretazione.

Willem Dafoe

Gli riesce bene il reduce incazzato e cinico ma il suo personaggio è una meteora nel film e non ci è data informazione sul suo destino.

Kyra Sedgwick

Veramente graziosa questa attrice molto affiatata con Cruise.

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