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To Rome with Love

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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Fulvio Wetzl

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La recensione su To Rome with Love

di Fulvio Wetzl
8 stelle

Siamo o non siamo un paese burlesquonesco?

Ognuno si merita quello che vale. L'Italia di Berlusconi è un cumulo di macerie culturali. L'immaginario è corrotto ma tutto ciò è avvenuto con la nostra complicità e ignavia. Le quattro storielline che si intercalano rendono bene l'esprit di quest'Italia che viaggia(va) al ritmo di bunga bunga verso il baratro. Il paradosso, e nessuno l'ha notato, è che il film è stato prodotto da Berlusconi (Medusa). Allen è riuscito quindi nel miracolo di far produrre a Berlusconi per la prima volta un film con Benigni, suo eterno e odiato nemico. Ma si sa, Berlusconi è interessato solo ed esclusivamente al profitto, quindi, deve aver pensato che mettere insieme due talenti complementari come Allen e Benigni fosse un affare. Gli è riuscito in parte, perché il film non sta avendo grande successo. E Allen comunque è riuscito a non tradire se stesso. La storia di Leopoldo Pisanello, che conquista la fama per una settimana, (il famoso warholiano "quarto d'ora di celebrità"), grazie anche a Benigni e al suo uso del corpo e dello stupore, è un piccolo saggio sulla società dell'apparire degna del Buñuel de "Il fantasma della libertà". La storia dell'incontro tra Allen, regista lirico in pensione ed Armiliato che sa cantare solo sotto la doccia, e la conseguente messa in scena de "I pagliacci" con il box della doccia in scena è geniale e sapido e attinge come spostamento semantico dallo stesso film di Buñuel (là erano i commensali che defecavano tutti intorno ad un tavolo e ci si chiudeva di nascosto nel ripostiglio a mangiare), oltre al piacere di veder cantare dal vivo la migliore voce del canto italiano. Il remake de "Lo sceicco bianco" ( o forse dello sceico beige di Benigni nel FFSS arboriano?) con Mastronardi, Cruz, Albanese, Scamarcio ricorda più che Fellini, certi ricevimenti all'aperto di Johnny Stecchino e certe commedie italiane degli equivoci improbabili meno alte di Fellini, vedi Salce, il primo Scola, Dino Risi minore. L'unico episodio "americano" e completamente alleniano anzi, un omaggio a se stesso, è quello di Ellen Page, attricetta mangiauomini con Eisenberg che si fa consigliare da Alec Baldwin (come Bogart consigliava lui in "Provaci ancora Sam"), ed è pieno di riflessioni non di seconda mano sulla seduzione, sui sentimenti, sulla delusioni che lo scorrere del tempo ti riserva. Roma cartolinesca? Certo, tutta "caldarrostata" dalla fotografia rosso tramonto di  Darius Khondji, "product placement" a gogò, mimetizzato nei dialoghi, trasforma il film in una serie ininterrotta di figurine liebig o in certi fotoromanzi anni cinquanta coevi delle Vacanze romane wyleriane. Non offendiamoci quindi. Allen ci ha comunque omaggiato del film che oggi ci meritiamo. Siamo o non siamo un paese burlesquonesco?

 

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