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To Rome with Love

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su To Rome with Love

di jonas
6 stelle

41° film di Allen. Temevo proprio di dovergli dare la prima, storica insufficienza, e invece mi sembra che valga anche qualcosa più di tre stelle: dimostrazione che, quando il genio si appanna, il mestiere può costituirne un buon surrogato. Come nel precedente Midnight in Paris, l’aspetto ruffiano-cartolinesco non disturba più di tanto, perché è palesemente ironico (addirittura Modugno sui titoli di testa: ma via, come si fa a prenderlo sul serio?). Semmai i problemi sono altri, comunque assorbiti in un insieme complessivamente riuscito: qualche caso di miscasting (Page che fa la vamp, Albanese che fa il divo), una voce narrante che appare all’inizio e non si fa più risentire prima della fine, un uso delle parlate regionali che appare inaccettabile allo spettatore italiano (Benigni che fa il romano non merita commenti). L’episodio Allen, come prevedibile, è il più divertente. Mi aspettavo di provare uno choc non sentendolo più parlare con la voce di Oreste Lionello; ma devo ammettere che Gullotta fa un buon lavoro, per quanto avrei preferito che il regista non recitasse più dopo Scoop. L’episodio Eisenberg è il più alleniano, che è come dire il più manierato (mi viene in mente soprattutto Anything else): risaputo, ma gradevole. L’episodio Tiberi-Mastronardi è quello meno felice, anche perché è il più infestato dagli interpreti nostrani (in una scena c’è persino Maria Rosaria Omaggio, e non dico altro): ricalca troppo pedissequamente Lo sceicco bianco, per quanto il personaggio della prostituta venga usato in modo innovativo. L’episodio Benigni meriterebbe un discorso a parte, perché la sua presenza in un film di Allen è l’unico motivo per cui oggi posso accettare di sorbirmi lo pseudo comico toscano (qui almeno senza la Braschi): l’ho trovato inaspettatamente sobrio e capace di rendere il duplice sconcerto del signor nessuno che si trova catapultato senza un perché nel mondo delle celebrità e che poi senza un perché ne viene espulso; parabola surreale, ma non irrealistica, sui tanti Grandi Fratelli sparsi in giro per il mondo.

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