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To Rome with Love

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su To Rome with Love

di LAMPUR
2 stelle

C’è un minus habens che ricorre nell’ultimo film di Allen. E c’è n’è un altro, fuori,  che ha acquistato il biglietto del cinema perché Allen si vede comunque a scatola chiusa.

Scatola ancora una volta, ma questa in maniera devastante, maciullata - e credo proprio definitivamente - da questa specie di film la cui visione  ha stuzzicato più volte l’istinto di alzarmi ed uscire a respirare aria, seppur di - reale - periferia romana.

Siamo decisamente al Minimo Storico.

Assistere ad un crocicchio di storie ridicole che neanche i Vanzina partorirebbero, con premesso, sbandierato a suo tempo, ideale richiamo alle novelle boccaccesche traslate in una rometta insignificante fotografata qua e là a casaccio, come neanche un giapponese digitalmente armato,  lasciano esterrefatti per quasi due ore.

Sfracassati da musichette stile Oliver Onions che quasi ti aspetti sbuchino pure Bud Spencer e Terence Hill in microscopica presenza sullo schermo, come del resto un’altra decina di meteoriche apparizioni che rimbalzano tra istantanee di vita scorretta, palinsesto di una società italiota discinta ed incivile, macchiettistica e barbaramente sgradevole,  e la cui utilità sembra restare confinata nel poter messaggiare ai posteri: Ao’! Ho fatto un film co’ Woody Allen!… (sempre che i posteri, di questo passo,  riescano a ricordarsi mai di Cotanto Archeologico Regista…).

Un Allen che riappare per la prima volta col nuovo doppiatore Leo Gullotta che, magari inconsciamente, cerca di scimmiottare Lionello ma ne raffredda i tempi e le classiche esitazioni che in cuor nostro continuiamo a tradurre in un immaginario e teneramente impossibile lionellese.

Allen comunque tarpato e scucito in un quadretto familiare irrealmente scolpito con l’accetta, come la coppia di studenti americani che sforna, involontariamente, la miglior battuta del film quando Sally dice a Jack (Jesse Eisenberg, reso famoso dal Zuckerberg di Facebook): “Viene a trovarci una mia amica un po’ sconnessa…”  e sono in pochi a non pensare che le verrà immediatamente ripristinato il profilo… , o la coppia di piùccheprovincialotti arrivati dal nordest che neanche a disegnarli si potevano immaginare cosi fastidiosamente svampiti, e ancora l’assurda, inspiegabile (ed inspiegata) botta di fama che raggiunge un anonimo Benigni (poi parlano male di Cage e di The Family man…) circondato dai media più idioti del globo: i nostri (che fosse quella la satira da cogliere?..).

Fama che come arriva vola via ed all’anonimo (in tutti i sensi)  Benigni, che c’aveva fatto la bocca, viene argutamente spiegato: “tra l’essere poveri e sconosciuti oppure ricchi e famosi, è sempre meglio essere ricchi e famosi”.

Una grande filosofia di vita che il Nostro (una volta) Maestro deve aver fatto decisamente propria, avendo compreso di poter tramutare ormai, ogni scorreggina flatulentemente nitrata d’argento,  in successo al botteghino.

Ma almeno io, carissimo, non contribuirò più alle spese di gestione del loft newyorkese… 

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