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Eva

Regia di Kike Maíllo vedi scheda film

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La recensione su Eva

di OGM
6 stelle

La stessa atmosfera de I fiumi di porpora accompagna una nuova sperimentazione sulla creazione della vita. Da un laboratorio di una località montana della Spagna escono prototipi elettronici che sono copie perfette di persone ed animali. Nei loro circuiti sono racchiuse le emozioni, il cui livello è riprogrammabile, ed è possibile inserirvi anche il principio della libertà. Di mezzo, ancora una volta, ci sono l’amore ed il rancore per un abbandono, che un ritorno tardivo non riesce a placare. Nella sofferenza che si cerca di dimenticare si insinua il subdolo germe del segreto, che è in parte dettato dal cuore, in parte dalle necessità di un protocollo scientifico. Un progresso visionario e crudele confonde  i moti dell’anima nell’abbaglio delle sue utopie: se una macchina può avere l’aspetto di un uomo, ed un gatto robot può comportarsi in maniera affettuosa e selvaggia, esattamente come uno in carne ed ossa,  le leggi del mondo rischiano di dover essere riscritte, a cominciare da quella che presiede alla morte. Non è più la caducità della materia organica a determinare la fine, bensì un comando vocale (voglio che tu chiuda gli occhi), che cancella istantaneamente la memoria,  e però è un processo reversibile. I protagonisti del film – il ricercatore Alex Garél, suo fratello Daniel e la moglie di quest’ultimo – sono l’avanguardia di un’umanità chiamata ad adattare i propri sogni ad un nuovo tipo di miracolo, prodotto dalla tecnologia e del tutto privo della magia dell’imperfezione e dell’imprevedibilità. Si può decidere di abbracciare ciecamente le sue illusioni digitali, oppure respingerle, compiendo un doloroso atto di rinuncia. Per tutti, questo avventuroso percorso nelle aberrazioni della scienza inizia con la convinzione che l’operazione sia a fin di bene, una brillante manifestazione della creatività che può aprire strade inesplorate, anche ai desideri più nobili e profondi. L’epilogo chiuderà le porte a questa speranza in un universo tutto nuovo, considerato accessibile ed a misura d’uomo,  solo perché disegnabile a piacere. In questo film  il cinema sci-fi adotta uno stile basato sui mezzi toni e su un avvenirismo ingenuo e poco invasivo.  La fantasia si materializza in artistiche figure di cristallo tintinnante, mentre il dramma è una frustrazione che si consola con artifici cibernetici.  La leggerezza rimane sospesa sulla realtà come un’entità fragile ed inconsistente, dentro la quale non è possibile trovare uno stabile rifugio: tutto il resto è pesante e squadrato,  assemblato con rigore ingegneristico, e quindi mancante della flessibilità necessaria a durare nel tempo.  La ragione costruisce castelli in aria evanescenti, molto più labili delle proiezioni oniriche del sentimento: il volo della speculazione intellettuale è un breve delirio, che non regge il confronto con il compatto sedimento delle sofferenze e delle aspirazioni inappagate.   Eva vorrebbe parlarci di tutto questo, e di tanto in tanto fa affiorare il discorso,  che saggiamente pronuncia sottovoce. Tuttavia spesso si lascia distrarre dal gusto per i propri effetti speciali, affondando in una spettacolarità a buon mercato che odora un po’ di anacronismo.  In questo suo lungometraggio d’esordio, il regista Kike Maíllo affronta – come nei suoi precedenti corti Las cabras de Freud (1999) e Los perros de Pavlov (2003) – le grandi verità esistenziali, senza toccare altezze vertiginose né profondità abissali, ma applicando uno sguardo lucido ed un piglio deciso. Un messaggio semplice è chiaro è l’essenza di quest’opera, che una squisita sensibilità per le sfumature emotive incapsula in un’acerba, ma godibile, forma d’incanto.  

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