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Contraband

Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film

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La recensione su Contraband

di mc 5
8 stelle

In questa estate cinematografica ancor più morta di tutte quelle -già esangui- che l'hanno preceduta, non si può che accogliere con soddisfazione l'arrivo di un action di pregevole fattura come questo "Contraband". Pellicola solida e robusta, non aggiunge forse nulla di nuovo a quella categoria di film che ci raccontano le vite fragili e movimentate di ex criminali che vivono nel travaglio il loro recupero ad un'esistenza entro i confini della legalità; ma l'importante allora è non tanto la vicenda in sè quanto la solidità della rappresentazione e la perizia nella messa in scena. In altri termini, in film di questo tipo, ciò che conta -al di là di uno script non originalissimo- è lo sguardo dell'autore, il suo gusto nel dirigere l'opera, affinchè tutto sia funzionale ad alimentare un pathos, un'atmosfera, una tensione drammaturgica. E in questo senso va detto che l'adrenalina è assicurata anzichè da inseguimenti e sparatorie piuttosto da dinamiche umane tese e vibranti che hanno buon gioco nel coinvolgere lo spettatore, fornendo dunque anche un certo spessore a questo action, del quale si potrà dire che non è innovativo ma certamente non è nemmeno banale. Si pensi per esempio allo sfondo. Si parte già col piede giusto ambientando l'inizio della storia in una realtà portuale-operaia che abbiamo già visto mille volte al cinema, ma che suggerisce lo sfondo ideale per raccontare una comunità di gente del popolo, di persone che di borghese non hanno nulla, gente che è abituata ad andare al sodo, aliena da sofismi intellettuali e adusa a costruire il futuro conoscendo la fatica del lavoro. Qualcuno ha parlato di "cinema virile". Può essere, ma è prima ancora un cinema romantico, perchè evoca suggestioni -appunto- "romantiche" intorno ad un'idea antica di criminalità (nel nostro caso segnatamente il contrabbando), vissuta quasi coi crismi dell'artigianalità e nel cui ambito risaltano con stridente evidenza le differenze tra una vecchia generazione di delinquenti legati a codici morali e i nuovi boss che operano svincolati da qualunque limite ragionevole, non esitando a minacciare perfino donne e bambini. Lo sguardo del regista su questa umanità ai margini della legge non implica un giudizio morale; egli lascia che a parlare siano le immagini e la sceneggiatura. Quest'ultima infatti, servita da buone caratterizzazioni, ci mostra personaggi le cui scelte parlano da sole: il protagonista, i suoi amici e il suo vecchio padre rappresentano un'idea di criminale gentiluomo che è definitivamente tramontata, mentre emergono figure come quella del nuovo boss Tim Briggs, uomini violenti, prepotenti, non di rado "alterati" dall'abuso di cocaina (nel film assistiamo ad impressionanti accessi di schizofrenica instabilità da parte del personaggio appena citato). Come prima accennavo, non è il solito action ipercinetico tutto inseguimenti e spari. Anzi, l'inizio sembra carburare con una certa lentezza, ma è giusto così, per un film che ha bisogno di prendersi i suoi tempi e di preparare il pubblico ad un racconto mosso da sentimenti aspri e forti come il tradimento e la vendetta. Come opportunamente scrive Giona Nazzaro su Film Tv: "una volta un film come Contraband era solo <cinema di genere>. Oggi, invece, con i suoi limiti, ci ricorda tutto ciò che il cinema americano non è più". Anche se, modestamente, vorrei far notare a Nazzaro che c'è ancora qualche cineasta che resta fedele a "quella idea di cinema". Ed eccolo il nome che non osavo fare, colui che aleggia come una sorta di "Santo Ispiratore" su buona parte del film: Michael Mann. La vicenda ci parla di Chris Farraday, una vita spesa nel contrabbando, ma che ora ha messo la testa a posto, ha un lavoro normale, una bella moglie e due bambini. Il suo giovane cognato incappa in una storiaccia che scatena l'ira di uno schizzatissimo boss malavitoso. A quel punto Chris, suo malgrado, se vuole salvare l'intera sua famiglia dalle minacciate ritorsioni del malvagio individuo, deve imbarcarsi in una missione di contrabbando. Prendere di nuovo in mano gli arnesi che aveva con fatica appeso al chiodo gli costa tantissimo, ma DEVE farlo. Quel che segue è una disperata lotta contro il tempo, in cui Chris si rende conto che non si può fidare più di nessuno, fino ad un sottofinale drammatico che ovviamente non rivelerò. Ma del finale una cosa posso dirla senza fare danni: le ultime immagini sono accompagnate dalle note (esaltanti!) di John Lee Hooker che canta la sua mitica "Boom Boom Boom" (inducendo peraltro il sottoscritto, sui titoli di coda, ad alzarsi in piedi e ad improvvisare qualche movimento "a ritmo"). Quanto al cast, vediamo di analizzarne in estrema sintesi luci ed ombre. Ben Foster bravissimo in un ruolo non facile in quanto ambiguo e ricco di sfumature. Giovanni Ribisi schizzatissimo come di consueto ma stavolta molto meglio del solito nel modulare la sua attitudine all'over acting. Magnificamente incisiva, come per lui nella norma, la prova del formidabile J.K.Simmons. Spiace esprimere delusione, invece, per una Kate Beckinsale sempre bellissima ma ancora una volta fuori ruolo e apparentemente incapace di dare un'anima al suo personaggio. Ma la conferma più importante è quella del talento di Mark Wahlberg, qui anche in veste di co-produttore oltre che di magnifico protagonista. Il buon Mark, che molti conoscono solo nelle vesti di energumeno e giustiziere, è in realtà un attore (e un uomo!) con alle spalle un passato talmente incredibile che non ci si crede. Era mia intenzione cercare di riassumerlo, ma la mole di roba (molta della quale decisamente poco edificante) che costui ha combinato nella sua vita è troppa per poterla sintetizzare in poche righe. E così vi invito caldamente a posizionarvi sul seguente link: www.mymovies.it/biografia/?a=7170


Vi sembrerà impossibile che dal 5/6/1971 (data della sua nascita a Dorchester, Massachusetts) ad oggi, il signor Mark Walhberg abbia vissuto tante vite.


Voto: 9

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