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Contraband

Regia di Baltasar Kormákur vedi scheda film

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La recensione su Contraband

di alan smithee
6 stelle

Porti marittimi, zone di confine, containers, territori franchi. Il mondo del contrabbando e' nato nella notte dei tempi con lo svilupparsi dei commerci leciti e regolamentati ed e' uno di quei fenomeni che difficilmente potranno mai essere controllati o resi inefficaci.
Contraband, che e' un remake di un film islandese in cui ha partecipato in varie mansioni l'altrettanto islandese Kormakur, e' certo un prodotto frutto di calcolo commerciale e premeditazione, poco cuore tanta strategia, ma e' tuttavia una operazione certamente riuscita, girata con basso budget ma con perizia e mano sicura da un regista sempre piu' incline a partecipare ad operazioni a stelle e striscie. Un cineasta tosto, che sa tener desta l'attenzione dello spettatore con riprese e vedute interessanti su mondi, panorami, citta' (lo snodo cruciale della vicenda si svolge sul canale di Panama e a Panama city, in un avvicendamento rocambolesco piuttosto concitato e di presa sul pubblico) non proprio avvezze ad essere riprese dalle cineprese di produzioni cosi' organizzate.
Chris Farraday e' stato un asso del contrabbando, ma ha scelto, memore della fine del padre, da anni in carcere, di cambiare vita e farsi una famiglia, vivere da padre felice e marito innamorato. L'idillio americano per eccellenza viene a rompersi quando il giovane fratello della moglie, in procinto di tornare in citta' con un carico di cocaina per un gretto spacciatore, e' costretto a gettare la refurtiva in mare per non farsi beccare dalla polizia doganale. La sua situazione debitoria si complica e Chris, per evitare che la questione degeneri, accetta altruisticamente di pagare il debito tornando all'opera. Dovra' prelevare da Panama una refurtiva di banconote false, a cui si aggiungeranno strada facendo pure della droga e addirittura un Pollock preziosissimo trattato per tutto il film come uno straccio da buttare via. Mark Wahlberg, che interpreta il protagonista e produce, appare piu' ispirato del solito, piu' attore, piu' espressivo del suo limitato carnet abituale interpretativo; sara' che una storia di riscatto sociale dopo una gioventu' di violenza e prevaricazione probabilmente e' un tema che ricorda molto bene per esperienza vissuta in prima persona. E se Kate Beckinsale e' solo un efficace corredo fotogenico, sono attori straordinari come Ben Foster, il laido (e mai cosi' pesto) Giovanni Ribisi, il mai dimenticato Lukas Haas (che passa dall'essere eterno bambino di Witness ad una vecchiaia prematura, ma resta comunque fantastico), J.K. Simmons sempre superbo e il giovane Caleb Landry Jones (visto ne L'ultimo esorcismo) che lasciano il segno.
E pazienza se la storia - che decolla piano, vola basso per poi innalzarsi sempre piu' in un crescendo di tensione ad orologeria che corrisponde ad una corsa contro il tempo tanto disorganizzata quanto perfetta - vira poi ad una soluzione dolciastra e rassicurante che non condividiamo affatto, con un finale imbarazzante in riva al mare dove la famiglia da mulino bianco torna ad imbarazzare come e piu' che ad inizio film. Ma per fortuna e' solo un dettaglio imbarazzante imposto da una produzione che non se la sentiva di far finire tutto in tragedia. E allora sognamo, continuiamo a credere alle favole che ci fa bene!

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