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The Bay

Regia di Barry Levinson vedi scheda film

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La recensione su The Bay

di mc 5
8 stelle

Di questo film si possono dire molte cose, anche contrastanti, ma una su tutte incontrovertibile: questo non è un film per tutti. Diciamo che la cosa che balza subito all'occhio è la sua impostazione decisamente in chiave mockumentary, vale a dire una di quelle pellicole dove ogni sforzo è teso a raccontare una storia secondo i criteri del più estremo realismo, in modo da esprimere uno stile evidentemente documentaristico. Però poi uno approfondisce e scopre che tra i produttori appare quell'Oren Peli (peraltro una delle mie bestie nere cinematograficamente parlando). Io questo signor Peli lo detesto perchè è colui che ha praticamente fatto una montagna di soldi a costo zero, attraverso l'ignobile saga di "Paranormal Activity", una serie di pellicole (peraltro di durata brevissima) in cui non accade quasi nulla e la visione comprende per lo più stanze buie ed immagini fisse. Certo, il film di cui ci accingiamo a parlare non racconta di case infestate o di presenze extrasensoriali, ma condivide con "quel cinema" l'idea di documentare ogni sequenza attraverso l'ultilizzo di una videocamera a mano, incollandola praticamente addosso ai protagonisti. Ma ciò che non può che destabilizzare ad un ulteriore approfondimento, è senz'altro il nome del regista e co-autore del soggetto. Si tratta di una vecchia gloria hollywoodiana, quel Barry Levinson che conquistò un Oscar col celebre "Rain man" quando aveva già acquisito discreta popolarità col pregevole "Good morning Vietnam". Nel 2008 Levinson realizzò una pellicola niente male ("Disastro a Hollywood ") che però segnò l'inizio di un periodo di completa stasi nella sua carriera: gli studios non ne volevano più sapere di lui. Ed eccolo riemergere dopo 5 anni, affidandosi alla produzione di un "miracolato" come Oren Peli. Tra i due è ovvio che non esiste alcun riferimento comune, sono proprio due pianeti. Da una parte il furbetto e dall'altra il vecchio artigiano. Si può ipotizzare che l'anziano cineasta (71 anni) abbia visto in questo film low-budget dal sapore indie, l'oppportunità di sperimentare una per lui inedita libertà espressiva. E poi c'è sempre l'amara realtà di un veterano messo in un angolo e disoccupato da ormai un lustro. Però va detta una cosa. D'accordo la presenza di quel furbastro avido di Peli, d'accordo la camera a mano, ma qui non siamo affatto di fronte alla solita fuffa horror-casalinga. Qui il sapore documentaristico funziona alla grande, prima di tutto perchè si percepisce che il "manico" è quello di un regista di classe e che sa fare il suo lavoro. Inoltre non siamo davanti ad un prodotto destinato a platee di giovani consumatori di popcorn horror movie ma, al contrario, a qualcosa che attiene alla realtà, qualcosa che potrebbe pericolosamente toccare le vite di tutti noi. Il film ci racconta infatti l'evoluzione di un drammatico disastro ecologico accaduto nell'anno 2009 in una "ridente" e pacifica cittadina americana del Maryland. Dicevo all'inizio che "questo non è un film per tutti" (e lo ribadisco): il motivo va individuato nell'assoluto realismo con cui Levinson ci mostra i dettagli attraverso i quali l'epidemia monta e poi si sviluppa nel delirio collettivo, evidenziando sia il panico dilagante tra la popolazione infetta sia le gravissime responsabilità in primis del sindaco del paese e poi la leggerezza iniziale con cui le autorità mediche avevano preso sottogamba i primi sintomi del fenomeno. A quest'ultimo proposito, circa la denuncia sociale che accusa l'ipocrita assenza delle autorità locali, qualche critico ha giudicato l'atto d'accusa piuttosto blando e marginale, valutazione che fatico a condividere, in quanto a me pare che il film in questo senso sia abbastanza chiaro ed esplicito. E' la storia di un inaudito disastro ecologico dovuto all'ignoranza dell'uomo e alla sua avidità. Partendo dagli escrementi dei polli di cui si cibavano i pesci, si riprodussero a velocità incredibile dei parassiti che si propagarono all'uomo, rendendolo facile preda di organismi distruttivi che ne divoravano il corpo dall'interno. E vi garantisco che tutto ciò è rappresentato attraverso immagini talmente realistiche che hanno disturbato anche il sottoscritto. Quanto al cast, è funzionale e ben assemblato, peraltro tutto composto da attori sconosciuti. Fra i quali vorrei però segnalare Kether Donohue, nei panni della giovane reporter attraverso i cui ricordi e documenti possiamo rivivere passo passo tutta la tragica vicenda: la sua interpretazione è molto fresca, emotiva e "sentita". Un elemento in più al servizio della volontà di Levinson di realizzare un film credibile, nel suo disturbante realismo.


Voto: 8 e 1/2

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