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Cercasi amore per la fine del mondo

Regia di Lorene Scafaria vedi scheda film

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M Valdemar

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La recensione su Cercasi amore per la fine del mondo

di M Valdemar
8 stelle

Un "pacchetto Armageddon” comprende. Abbandono di ogni tabù. Azioni e reazioni incontrollabili, di violenza, di follia collettiva, d’incontenibile immotezza. Apoteosi di rimpianti. Dissociazioni mentali. Isterismi, fughe impossibili, salti nel vuoto, suicidi. Nuove incredibili possibilità, di quelle che mai avrebbero potuto manifestarsi in tempi di “normale” esistenza.
E, soprattutto, una felice idea di cinema, che parte da territori conosciuti e battuti, abbraccia un efficace percorso con stile elegante, sobrio, personale, le cui tappe sono indice di una armoniosa commistione di discipline (vedasi in particolare la musica, non semplice sottofondo ma componente essenziale, scelta e diffusa con cura, passione e gusto); per approdare, infine, ad un destinazione atipica, suggestiva.
Un soggetto che, nelle sudice mani e (piccole) menti dei soliti noti, creatori in catena di montaggio di prodotti chiassosi e puerilmente volgari, avrebbe potuto fare davvero una brutta fine. Altro che apocalisse: sarebbe stata l’ennesima stupida inutile commedia americana. L’abbiamo scampata bella, perché, per (nostra) fortuna, l’autrice, Lorena Scafaria, già sceneggiatrice del gioiellino Nick & Norah: tutto accadde in una notte, è riuscita a tenerselo tutto per sé, e ad usarlo per il suo debutto da regista.
In Cercasi amore per la fine del mondo c'è il classico asteroide in rotta di collisione con la Terra che ha i giorni contati, ma ciò è una pura marginalità, un pretesto, una scintilla dalla quale scoccano schizzanti fiamme che hanno le furiose tonalità della disperazione, i pietrificanti contorni della rassegnazione e l’alienante, dolce odore della libertà (sottoforma di riscatto, di (ri)scoperta di sé stessi, di un nuovo e catartico modo di vedere e comprendere le cose).
Con spirito fiero, “indie” ed approccio per nulla derivativo, la Scafaria riesce a mettere in scena una credibile serie di comportamenti e situazioni che vanno dal grottesco al drammatico, dal brillante al sentimentale, senza mai scadervi nei caratteristici difetti ed escludendo sin da subito ogni intento enfatico e stucchevole; lasciando che siano i due protagonisti - con la loro storia, il loro peregrinare (che, naturalmente, è un riflesso dell’intimo), il loro conoscersi e capirsi, infine amarsi - ad esprimere pienamente l’intensità e la bellezza del racconto.
Proprio la coppia Carell-Knightley, che tanto strana suonava al solo pensarci, rivela al contrario un’eccellente chimica tra i due: sguardi, atteggiamenti, pose; elementi tutti che definiscono un insieme semplice e semplicemente solido, verosimile, mai lezioso o fasullo né eccessivo.
L'interpretazione e partecipazione dei suddetti costituisce pertanto un decisivo punto di forza del film, ed è, evidentemente, un ulteriore merito della regista che ha saputo dirigere due star del loro calibro. Se Keira Knightley dimostra ancora una volta la sua versatilità, offrendosi senza remore in una versione molto “naturale”, decisamente lontana da pericolose derive divistiche e risultando in definitiva assai deliziosa e incisiva, Steve Carell sorprende: la sua maschera dai tratti melanconici, riflessivi, ordinari trova qui estrema compiutezza e aderenza; i suoi passi, le sue scelte ed espressioni sempre inappuntabili.
Prendendosi i giusti tempi, azzeccando un paio di comparsate di lusso (Martin Sheen, padre assente di Carell; William Petersen, il camionista filosofo che commissiona il proprio omicidio), affrancandosi da qualsiasi fatale tentazione (l’autocompiacimento; la ricerca di facile emozioni; pretestuose disquisizioni di carattere filosofico; complicati snodi narrativi) e creando una generale atmosfera di soave leggiadria, Cercasi amore per la fine del mondo ha tutte le virtù e l’ equilibrio di un film orgogliosamente “piccolo”, scorrendo fluido e brioso nonostante serpeggi inesorabile l’incombente, definitiva minaccia.
E non c’è nessuna (sperata) sorpresa di una qualche lieta conclusione - non in senso classicamente hollywoodiano, almeno (significativi i modesti esiti al box office statunitense) - ma “soltanto” la struggente certificazione di un amore impossibile, che nemmeno il temuto incubo, materializzatosi in tutta la sua prepotenza tra fragori e bagliori inequivocabili, potrà mai cancellare.

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