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Posti in piedi in paradiso

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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La recensione su Posti in piedi in paradiso

di FilmTv Rivista
6 stelle

Pavimenti che traballano al passaggio della metropolitana, adulti attempati che si nascondono mascherati negli armadi, coppie occasionali che si incontrano in case vuote da affittare e date in comodato d’uso per amplessi sporadici: l’ultimo film di Verdone è zeppo di richiami al repertorio sempiterno della commedia, da Cukor a Totò, anche se più che mai, stavolta, sembra sinceramente ossessionato da una sofferenza inconfondibile dell’attualità. Come fanno a tirare avanti i padri separati che un mercato del lavoro sempre più spietato, una dialettica delle controparti sessuali sempre più conflittuale e una crisi biblica della stabilità dell’economia e degli affetti costringono ai limiti della povertà? Favino, Giallini e Verdone sono tre ex coniugi di limitate risorse con obbligo di alimenti a carico. Più che l’ambizione o gli affetti, il loro problema è quello di un’Italia premoderna. La fame. Non importano il loro livello di scolarizzazione (Favino è un giornalista), i loro standard morali (Giallini ha figli legittimi e non, e integra i suoi compensi di agente immobiliare con prestazioni da gigolò), il loro passato (Verdone è un produttore musicale caduto in disgrazia), ora vivono tutti nello stesso modesto appartamento e quando vanno a sbafare alle feste, al ritorno rimangono a piedi perché è finita la benzina. Questa intuizione di mostrare un Paese ritornato alle condizioni della commedia dell’arte, incalza un film sconquassato da gag a ripetizione (e non poche divertenti) e addolcito dalla Ramazzotti nella parte di una cardiologa bionda che (come nei film di Wilder) tenta di rianimare un Verdone sessualmente arrugginito. Insieme a Giallini, la cui maschera di canaglia inerme è portata all’incandescenza, è la cosa migliore di un film che coniuga una tecnica sorprendente della risata (i tempi dell’azione a volte sono da slapstick) con una nostalgia della famiglia di sapore un po’ zuccherino e decadente. Certo, Verdone, a differenza del 90% delle commedie italiane contemporanee, parla allo spettatore anche della vita di oggi. Ma il vintage del familismo nostrano non avrà mai lo stesso fascino di quello del vinile che il personaggio di Verdone vende su eBay.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 9 del 2012

Autore: Mario Sesti

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