Espandi menu
cerca
Posti in piedi in paradiso

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

Recensioni

L'autore

scapigliato

scapigliato

Iscritto dall'8 dicembre 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 137
  • Post 124
  • Recensioni 1361
  • Playlist 67
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Posti in piedi in paradiso

di scapigliato
9 stelle

Ormai è ufficiale. Per Carlo Verdone si può tranquillamente coniare il termine di “commedia patologica”, per designare la forte componente medica, farmaceutica, ossessiva/compulsiva che innerva il suo cinema. Non parlo tanto degli elementi narrativi, ma di una vera poetica. La scoperta e la trattazione della modernità, del disagio e dell’esistenza dell’uomo raccontata attraverso le simbologie e i paradigmi della patologia, quella però di accezione medica, fortemente collegata alle immagini farmaceutiche, chimiche e distressiche delle convalescenze e delle malattie. Attraverso di esse l’autore romano sviscera il racconto di una generazione, quella dei padri, quella della maturità che non può non fare i conti con i problemi del corpo in corruzione, che coinvolge necessariamente anche lo spirito, la sessualità, la psiche, le ideologie.

Con Posti in piedi in paradiso Verdone continua la fase corale della sua ultima cinematografia che sbilancia il protagonismo tipico dei suoi titoli più celebri a favore di un decentramento di storie, tipi, sviluppi narrativi. Forse è la necessità, in piena età adulta, di vedere e discutere meglio la pluralità della vita, o forse è la legge del mercato che premia i film con più attori famosi e più storie, diverse tra loro, per abbracciare un pubblico più vasto. O forse è la resa di un autore incapace di tenere la scena come prima. La risposta corretta forse non esiste. Fatto sta che dopo L’amore è eterno finché dura, se tralasciamo Grande, grosso e Verdone che appartiene ad un genere specifico, i film di Carlo Verdone sono tutti corali, finanche a episodi. Zora la vampira, i vari Manuale d’amore, Italians, e i suoi film plurali segnano oltre a un cambiamento linguistico anche un’involuzione dell’autore su se stesso – mi si passi il gioco di parole che cita l’opera stanislavschiana. Con questo suo ultimo film invece, Verdone ridà slancio a se stesso, come in L’amore è eterno… Inoltre sa calibrare alla perfezione la presenza di altri personaggi di uguale peso così come sa sviluppare le varie storie e amalgamarle tra loro senza scadere nel plot semplicistico che ultimamente azzera ogni tentativo nobile del cinema italiano di ripristinare i suoi vecchi film corali o a episodi.

L’applauso a scena aperta è per l’intero cast. Sia Favini che Giallini sono comprimari senza “co”. Veri protagonisti che sanno incastrare i loro caratteri in scena senza rubarsela, anzi, regalandosela reciprocamente. Verdone dal canto suo, che strappava sorrisini fino alle prove più recenti, sembra essere tornato quello di “Voglio proprio conoscere ‘sto scienziato, ‘sto premio Nobbel, ‘sto stronzo” di L’amore è eterno… È un Verdone da applausi. La sua mimica facciale, da sempre un punto fermo per i fan più accaniti, è qui a briglie sciolte come non capitava da tre o quattro film a questa parte. Ci regala il fatale occhiolino abbracciando Michaela Ramazzotti – bellissima, sensuale con gli occhiali da cardiologa, spiazzante, irresistibilmente erotica, carnale, un uragano. Ci fa subito capire di che pasta è fatto il suo Ulisse Diamanti fin dalla prima scena sotto la doccia ricavata nel retrobottega. E dà il meglio di sé in due scene madri: l’arancia (e non voglio svelare altro) e il tentato furto a casa di due ignari pensionati. Scene di una comicità classica genuina e spontanea, con ottimi tempi comici e un certo stile slapstick che non permettono allo spettatore di abbassare la guardia un secondo.

Peccato il finale un po’ buonista – moralista sarebbe eccessivo – dove tutto si riaggiusta in nome della famiglia, o così ci è dato credere. Non è un mistero che invecchiare significhi aggrapparsi a queste cose, credute le più importanti, forse perché ci danno quella sicurezza che il coraggio e l’audacia giovanili non danno. Scelte legittime in periodo di crisi, anche autorialmente necessarie se vogliamo, ma che smorzano di molto l’atmosfera schietta e sincera, perfino amara, dell’intero tragicomico dramma patologico.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati