Espandi menu
cerca
Posti in piedi in paradiso

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

Recensioni

L'autore

M Valdemar

M Valdemar

Iscritto dal 6 febbraio 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 250
  • Post 28
  • Recensioni 576
  • Playlist 36
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Posti in piedi in paradiso

di M Valdemar
4 stelle

La “formula magica” di Verdone sta esaurendo i suoi effetti. Sempre ammesso che in precedenza si sia lasciati “incantare“.
Sembra quasi che l’unico motiv(etto)o di interesse, ad ogni suo nuovo lavoro, sia il “concepimento” anagrafico/professionale dei personaggi. Cioè: come si chiameranno questa volta? che mestiere faranno? E riusciranno a farce ride‘?
Il resto è la solita manfrina, il solito teatrino tragicomico che vede in scena compiacenti pupi, addomesticati e gorgoglianti, le cui maschere grottesche, dalle sfumature programmaticamente isterico/bizzarre, sono riciclate e intercambiabili (tra loro e con quelle del passato).
Ma il puparo appare provato e non sa più che inventarsi. Attinge dalla realtà quanto basta per imbastire buffi siparietti - invero caduchi e fragili - e per far precipitare le sue figurine nei consueti stati di alterazione farsesca progressiva. Quanto basta, inoltre, per differenziarsi - facilmente - dalla inestinguibile becera pletora di imitatori/seguaci/sfruttatori (f)autori di quegli inguardabili spettacoli traboccanti malacreanza (non solo) filmica spacciati per commedie. Quelle che riempiono sale (e tasche) e di conseguenza figliano progenie (dannate) di seguiti e scopiazzature assortite.
Il regista-attore romano racconta i disagi di uomini, padri di famiglia (o di più d’una), mutilati negli affetti e nelle sostanze (economiche), causati da separazione, pagamento degli alimenti, affidamento della prole, ma anche da immaturità e incapacità di vivere il proprio tempo. Ma le sue “riflessioni” non hanno spessore, fagocitate, come sono, dal carico pesante dato dalla costante e bulimica ricerca di “scosse” comiche, di frizzi e lazzi, di ghiribizzi e amorazzi.
I suoi sono personaggi in cerca di tatuatore, che li (s)fregi con disegni caratteriali sempre più stravaganti e sballati, cromaticamente esaspera(n)ti, tendenti a un brillio schizzato e incessante.
La direttrice caricaturale s’impone presto, ostentando situazioni che spesso sono, più che sopra le righe, oltre le righe: la pagliacciata è servita, il “divertimento” è assicurato, il pubblico gode. Per chi s’accontenta …
Umorismo di sin troppo agevole “acchiappo” quello messo in azione (il viagra; il pazzo che distrugge il negozietto di vinili; i cellulari che hanno campo solo fuori da una finestra), che, servendosi delle molteplici “disgrazie” dei protagonisti, nonché delle loro più strambe e buffonesche peculiarità, fa leva sull’infantile fame di caciara che tempi come questi non fanno che aumentare.
I toni pur mantenendosi leggeri e quasi mai volgari rivelano l’inconsistenza di un’opera i cui risvolti drammatici risultano artefatti e solo strumentali, mentre l’architettura di gag e trovate è eccessivamente semplice e poco originale, forse pensata (e realizzata) in modo sbrigativo.
L'efficacia di qualche “colpo” andato a segno (a spararne tanti …) non riesce a risollevare le sorti, soprattutto a far perdonare i modelli così macchiettistici e bislacchi messi in scena. Se il già stimato critico cinematografico retrocesso alla cronaca gossippara di Favino sembra quasi credibile, gli altri lo sono meno (Verdone, perennemente impegnato a strizzare l’occhio allo spettatore) o per nulla, come l’agente immobiliare di Giallini (più che una caricatura un cartone animato, tamarro oltre ogni misura) e la sexycardiologa Ramazzotti (di cui si potrebbe dire - a voler essere cattivi - che l’indubbia avvenenza sia inversamente proporzionale alle doti recitative …). Quest’ultima, che tra l’altro non si capisce perché s’invaghisca di un cinquantenne sovrappeso, povero e nemmeno bello (va bene che è una commedia ma così si sfocia nella fantascienza …), pur avendo una naturale predisposizione al ruolo (Verdone gliel’avrebbe cucito addosso) suscita quasi simpatia per come appaia ridicola (anche perché il suo personaggio è scritto e gestito piuttosto male). Nei pecorecci anni settanta ne avrebbero avuto maggior cura …
Peccato, invece, non aver saputo sfruttare meglio il fascino e la bravura di Diane Fleri: chi trova fastidiosa la erre moscia, ascoltando lei cambia subito idea …
Riuscirà Carlo Verdone con questa sua ultima fatica a conquistarsi un posto in paradiso? A giudicare da come si stanno riempiendo le sale, quello fiscale è sicuro …

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati