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Napoleon

Regia di Abel Gance vedi scheda film

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La recensione su Napoleon

di noodless94
8 stelle

Ci sono diverse versioni di questo mastodontico film di Abel Gance. La più conosciuta è quella di tre ore e trenta minuti, anche se esiste quella di oltre cinque ore, restaurata nel 1979. Che siano tre o cinque ore, il film di Gance resta comunque incompiuto visto che si conclude alle soglie del grande successo napoleonico, ovvero con l'invasione dell'Italia nel 1796.

 

Siamo nel 1927 e chiunque conosca un minimo la storia del cinema sa benissimo che quella data coincide con un avvenimento molto particolare: il sonoro entra prepotentemente nel mondo cinematografico con "Il cantante di Jazz". Paradossale, dunque, come due dei più grandi lavori di quell'anno, Napoleon e Ottobre: i dieci giorni che sconvolsero il mondo di Eisenstein, dimostrarono come il muto avesse raggiunto una forma narrativa davvero sublime, al punto da rendere qualsiasi innovazione superflua a un modo di raccontare che sembrava destinato a non tramontare mai. Così non fu. Il paragone tra i due lavori però, resta. Anzi, si rafforza se si guarda sotto un'altra prospettiva.
Il film di Gance sembra avere come riferimento due modelli culturali: l'Urss e l'Usa. Alla prima si lega per il montaggio e le scene di massa, di cui Eisenstein sia in "La corazzata Potemkin" sia in "Sciopero" dimostra che è lui, insieme a tutto il movimento sovietico, a influenzare le tecniche di montaggio e messa in scena del cinema di quegli anni. Il secondo invece, si rifà alla pratica, molto comune negli Stati Uniti, dei lungometraggi dalla durata (soprattutto per gli standard moderni) proibitiva.
 
Il Napoleon di Gance (che appare nel film nel ruolo di Saint Just) mette al centro la figura del condottiero francese, senza tralasciare gli aspetti sociali e politici di quell'epoca rivoluzionaria. L'innovazione linguistica di Gance sta nei primi dedicati alla figura del suo protagonista, e nei campi lunghi arricchiti anche da un fotografia tesa sempre a rafforzare la distanza tra Napoleone e il resto dei personaggi. Scelte stilistiche che, tuttavia, vengono depotenziate dalla riduzione temporale: nella versione di cinque ore infatti, risulta evidente la cura del dettaglio in ogni singolo secondo dell'opera, mentre la versione di tre ore risulta forzata e meno dirompente sia nel montaggio che nell'azione. Poco male, comunque. Perché il film si fa vedere, coinvolge, dispensa, qua e là, simboli di morte e presagi oscuri, oltre a citazioni artistiche come quella della "Morte di Marat". 
 
Tuttavia, come d'altronde lo stesso Gance immaginava, il tempo della narrazione non riesce a comprendere quello della storia, soprattutto se ci si trova di fronte a un personaggio come Napoleone e a fatti come la rivoluzione francese. Impossibile separare le due storie, poiché sono imprescindibili l'una all'altra. Nonostante ciò, il regista francese comincia la storia non con la presa della Bastiglia, ma dall'infanzia di Napoleone, quasi a voler sottolineare (ancora una volta) che il vero protagonista di quella ricca stagione è lui, non la rivoluzione. Un'infanzia che serve a far conoscere il Napoleone ragazzo, non il grande generale che tutti conosciamo. L'intuizione di Gance, ovvero quella di raccontare entrambi gli aspetti del personaggio, non solo è vincente, ma utile ai fini dell'intero lavoro. Nulla della vita personale e privata di Napoleone può essere tralasciato. Tutto è importante per capire chi davvero fosse quel personaggio, le ragioni che lo hanno portato a essere quello che è stato. Per questo motivo viene fornito tanto spazio non solo all'infanzia solitaria e infelice, nella quale già si evidenziano le caratteristiche di un predestinato, ma nella quella l'unico amico su cui il ragazzo può far affidamento, è un'aquila (simbolo dell'impero, il quale ricorrerà più volte nel corso della pellicola). Poi è il turno della Corsica, terra madre di Napoleone. Qui si assiste alle profonde contraddizioni che animano una terra senza padroni e senza patria. Ma Napoleone sa qual è la patria di quella terra: è la Francia. Non ha paura di rivendicarlo, di urlarlo agli avvoltoi del potere che mettono su di lui una taglia. Ed è così che due caratteristiche del Napoleone uomo (il solitario-patriota) ci servono per capire da cosa derivi quel grande ingegno militare che lo ha contraddistinto e che lo ha portato a conquistare un intero continente. Ma la versione di Gance non cela nemmeno l'aspetto amoroso, al quale è dedicato il finale dell'opera e che ci mostra un uomo diverso, ma pur sempre in grado di imporsi grazie al suo sguardo penetrante e sicuro.  
 
L'opera, come dicevo sopra, è comunque incompiuta. Mancano gli anni delle conquiste e del potere, della campagna in Russia fino alla definitiva sconfitta a Waterloo. Insomma, mancano gli appuntamenti decisivi della storia di questo piccolo grande uomo. Avrebbe potuto raccontarceli Kubrick, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per Napoleone. Purtroppo, il geniale regista americano morì prima di poter mettersi all'opera (anche se avrebbe voluto farlo prima). Ovviamente Kubrick vide il film di Gance, e si espresse in questo modo: 
 
«Ho cercato di vedere tutti i film che sono stati fatti sull'argomento e devo dire che non mi hanno impressionato più di tanto. Di recente ho visto il film di Abel Gance, che nel corso degli anni s'è acquistato una certa reputazione fra i cinefili, e l'ho trovato veramente tremendo. Tecnicamente era all'avanguardia per i tempi e introdusse nuove tecniche filmiche piene d'inventiva, e difatti Ejzenstein ammise che fu Gance a stimolargli per primo l'interesse per il montaggio. Ma per quel che riguarda il trattamento della storia e dei personaggi è un film molto rozzo.»
 
 

 

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