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Immaturi. Il viaggio

Regia di Paolo Genovese vedi scheda film

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La recensione su Immaturi. Il viaggio

di LorCio
6 stelle

Nel nostro piccolo, storicizziamo un pochino: Notte prima degli esami, datato 2006, è lo spartiacque della commedia italiana degli ultimi vent’anni, o, senza essere blasfemi, un film seminale. Che ha il suo embrione in Che ne sarà di noi e che ha generato una vasta serie di diramazioni cinematografiche, le quali si distinguono essenzialmente in due filoni, l’uno probabilmente più originale (per quanto la commedia adolescenziale possa essere originale, ma almeno in Italia così è andata) e l’altro che aggiorna un genere spesso sfruttato da alcuni nostri cineasti, penso a Salvatores e Verdone, incentrato sul gruppo di amici alle prese con uno specifico momento di crescita.

 

Immaturi s’inseriva perfettamente in questo filone: un gruppo di quarantenni alle prese con l’esame di maturità di vent’anni prima annullato per un errore burocratico che sostanzialmente sfrutta quest’occasione per riappropriarsi del passato perduto (mettendo in scena, alla fine, quei protagonisti che all’epoca della Notte prima degli esami sostenevano proprio l’esame di maturità, rappresentando così il pubblico “ovvio” del film di Brizzi). Il sequel nasce sulla scia dell’incredibile successo del primo capitolo, più per spremere fino allo stremo la materia (che poi, gira e rigira, è soltanto un gruppo muccinesco più lieto e propositivo) che per ragioni artistiche (d’altronde è lo stesso Paolo Genovese ad ammetterlo).

 

E quindi, dopo l’esame, ecco il viaggio della maturità che i nostri eroi (più la moglie di uno di loro, aggregatasi perché incinta) fanno per completare al meglio l’esperienza (ed ecco che entriamo nelle atmosfere di Che ne sarà di noi, chiudendo così il cerchio). Naturalmente ne succedono di ogni, ma lo spirito delle vacanze dei cinepanettoni è lontano perché il complesso è più pulito e simpatico: Raoul Bova decide di resistere alle tentazioni di una bomba sexy spagnola, imitando così la moglie Luisa Ranieri, che a suo tempo resistette ad un architetto di Milano; Ricky Memphis e Barbora Bobulova dovrebbero sposarsi a breve, ma il povero Ricky è un po’ troppo confusionario; Ambra Angiolini vuole divertirsi ma nessuno se la fila e allora si dà alla cleptomania; Luca Bizzarri continua la sua vita sentimental-sessuale dominata dalle bugie, ma quando arriva l’amore…; e Paolo Kessisoglu si lascia aiutare da Anita Caprioli nella conquista virtuale di una donna sola, ma il destino ci mette lo zampino.

 

Insomma, il film è costruito per piacere sia ad un pubblico che ha già dimostrato il suo apprezzamento al precedente che ad un pubblico nuovo proveniente da altre esperienze cinematografiche, magari anche più banali e triviali, e gli ingredienti sono presto detti: un’ambientazione greca da favola ma accessibile, e anche fieramente bozzettistica, ad una fetta di popolazione neanche tanto limitata (i veri viaggi della maturità si svolgono tra quelle zone); il totale distacco dalla realtà contemporanea italiana, la più sfacciata e legittima lontananza dalla crisi mondiale e dai problemi quotidiani (nonostante i due scenari siano l’Italia e la Grecia); il tema sentimentale in tutte le salse (amore, amicizia, sesso, attrazione, tradimento...); una canzone bella e orecchiabile come pure fu quella di Alex Britti (stavolta c’è Il viaggio di Daniele Silvestri in un momento della storia molto carino).

 

Ecco, il problema è che il film è sospeso in un’inevitabile carineria da cui non esce mai, malgrado una certa salutare ambiguità che pervade effettivamente le varie storie, ma la ruffianeria vince e il finale è abbastanza imbarazzante. Ma Genovese, tutto sommato, ci sa fare, i difetti di fondo e di superficie non rovinano la visione piacevole ed evasiva e il cast è ben oliato (ma la standing ovation è per Maurizio Mattioli, padre di Memphis: “te dico solo due parole: a-tento” e un plauso anche ad Anita Caprioli nel ruolo più difficile e nell’episodio meno scontato). Niente di che, ma in mezzo a tanta commedia mediocre qualcuno che sa portare a casa il risultato, per quanto su un livello medio, c’è. Un discreto esempio di cinema industriale, l’importante, ora, è chiudere la faccenda qui e cambiare aria.

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