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Immaturi. Il viaggio

Regia di Paolo Genovese vedi scheda film

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La recensione su Immaturi. Il viaggio

di mc 5
4 stelle

A dire il vero la visione di questo film non rientrava nei miei programmi. E chi mi conosce potrà facilmente intuire il motivo di questa mia rinuncia preventiva, considerando il mio rapporto estremamente controverso con la commedia italiana di ultima generazione. In sostanza fatico a mandar giù che cineasti come Brizzi e Veronesi (i primi due che mi vengono in mente, ma altri ve ne sono) non solo pùntino a portare a casa successi al botteghino ricorrendo a sceneggiature furbette e ammiccanti, ma intravedo idealmente nelle loro opere un insulto a quella che fu la gloriosa commedia all'italiana. Mi si dirà che ogni cineasta rispecchia il proprio tempo, coi propri umori ed inquietudini, e che è ovvio che i mostri di Dino Risi sono stati soppiantati da altri personaggi ed altri scenari. Ma è qui che casca l'asino. A parte il fatto che l'industria nazionale del cinema oggi come oggi si regge ormai solo sulla commedia e sui giovani registi succitati, sicchè se qualche giovanissimo cineasta agli esordi elaborasse un progetto legato al thriller o al noir, non troverebbe nessun produttore disposto ad aprire i cordoni della borsa, sancendo di fatto una sorta di monopolio del cinema comico.  Anche se poi ogni tanto piove dal cielo, in forma di manna, qualche Checco Zalone, generando nei produttori un gran sospiro di sollievo, sorvolando sul fatto che personaggi come quello appena citato se collocati al di fuori del naturale ambito televisivo dimèzzano la propria consistenza artistica. Già, la tv, perchè poi c'è anche l'altro problema che oggi quando si scrive e si porta sullo schermo un film, l'occhio e la mente sono già ai meccanismi successivi dello sfruttamento televisivo dell'opera. In altri termini, molti film vengono "pensati" per il pubblico della tv, il che per molti cinefili è faccenda antipatica da accettare. Ma il problema principale sta nei contenuti, nei personaggi, nello sfondo sociale che queste pellicole raccontano. Già, perchè la cosa sconsolante è che questi prodotti non rispecchiano più le tensioni presenti nella società. All'inizio erano i cinepanettoni che ci mostravano le vacanze esotiche dei ricchi, con quello stile ammiccante e canagliesco che ha fatto le fortune dei Vanzina e di Neri Parenti. Poi, all'emergere dei primi fiati corti, ecco arrivare la nuova generazione: e giù con le notti prima degli esami, i genitori e i figli, e altre ovvietà che affidavano lo "specchio dei tempi" più che altro alla massiccia presenza di cellulari e pc nelle sceneggiature, ma in realtà raccontandoci poco e niente di ciò che era in trasformazione nel nostro tessuto sociale, configurando quest'ultimo solo attraverso gli aspetti più esteriori e banali, quelli cioè in cui potesse riconoscersi compiaciuto il pubblico televisivo transumante da Zelig verso le accoglienti e sfavillanti multisale. E siamo così arrivati ai giorni nostri. Cosa sta accadendo? Per rispondere a questa domanda (e solo per questo motivo) mi sono deciso (buttando a mare ogni spocchia e ritrosìa) a vedere questo "Immaturi-il viaggio", senz'altro l'attuale punta di diamante della nuova commedia italiana. Quasi tutti i critici hanno parlato bene (qualcuno molto bene) di questo film, anche quelli che reputavo schizzinosi. Intendiamoci. I suddetti giornalisti non hanno sbagliato. Perchè questo è un film discreto, se vogliamo anche gradevole: sì, da un punto di vista tecnico il regista Paolo Genovese ha lavorato bene. Sceneggiatura articolata ma scorrevole, recitazione "piaciona" ma tutto sommato simpatica, fotografia eccellente, colori e paesaggi da favola. Insomma ogni cosa è al suo posto. E anche il cinefilo (magari suo malgrado, come il sottoscritto) è costretto ad ammettere che dai tempi delle "notti degli esami" di progressi ne sono stati fatti. E sono indubitabili, suggellati peraltro da un vasto consenso di pubblico. Ma è sul piano concettuale che non ci siamo. E qui vorrei segnalare un'intelligente riflessione pubblicata la scorsa settimana sul "Fatto quotidiano" a firma dell'ottimo Andrea Scanzi, il quale in buona sostanza ha centrato il problema: mentre il cinema francese (accanto a deliziose commedie sentimentali come "Emotivi anonimi"), si distingue per pellicole che affrontano con tatto e sapienza i problemi dei nostri tempi, senza rinunciare al coraggio dell'impegno civile, raccontando l'aria che si respira da Le Havre a Marsiglia....ebbene noi italiani (e chi può farlo mi smentisca qui ed ora!) sappiamo raccontare SOLO storie di bamboccioni che si fanno le corna. Due riflessioni. I giornalisti di cinema quando elogiano la crescita della qualità tecnica di film come questo di Genovese, dovrebbero però poi anche cogliere l'occasione (come ha fatto Scanzi) per allargare i propri orizzonti critici. Inoltre consentitemi di esprimere solidarietà a quei giovani registi e sceneggiatori, magari appena usciti dalle scuole di cinema, che percepiscono la frustrazione di vedersi negare qualunque finanziamento se i loro progetti lavorativi guardano ad altri generi che non siano le solite commedie confezionate pensando ai palinsesti tv. E a questo punto, scusate, ma che mi frega se la splendida Barbora Bobulova è qui più brava e più bella che mai? O se Ricky Memphis è come al solito credibile nel ruolo del romano verace e sincero? O se Ambra Angiolini è al solito inespressiva ed incapace a recitare? O se Maurizio Mattioli è sopravvalutato dai critici come "maschera comica" dopo decenni di orrido Bagaglino? O se Paolo e Luca come attori di cinema mi fanno solo ridere? O se Anita Caprioli interpreta un ruolo dal vago sapore mucciniano che non mi convince neanche un pò? O se quel finale, con le magliette rosse e una grottesca Angiolini, è quasi imbarazzante? O se l'indagine sulla psicologia femminile che attraversa tutto il film è a livello delle lettrici di "Sorrisi e Canzoni"? Niente. Non me ne frega niente.
Voto: 4

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