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A.C.A.B. - All Cops Are Bastards

Regia di Stefano Sollima vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su A.C.A.B. - All Cops Are Bastards

di hallorann
8 stelle

Durante la visione di A.C.A.B. vengono in mente diversi aggettivi per descriverlo: apologetico, cazzuto, ambiguo, feroce, duro, eccessivo e si potrebbe proseguire. Lo stile di Stefano Sollima costituisce un corpus unico che va ben oltre il ristretto concetto di genere, scordiamoci gli anni settanta, qui si gettano le basi per un nuovo cinema de genere che mescola poliziesco, action e temi sociali. Proiettando le luci su quattro celerini il regista ci mostra ciò che sappiamo da sempre e che talvolta dimentichiamo e rimuoviamo: la polizia è sostanzialmente fascista. I celerini in primis, fin dai tempi di Scelba. La differenza è che in A.C.A.B. sono cattivi, intolleranti e soprattutto soli. Quest’ultimo aspetto non è una soluzione consolatoria ma una constatazione, stando dall’altra parte faccia a faccia con gli ultrà sostenuti dalle società di calcio, gli immigrati, gli operai che manifestano,  gli sfrattati etc. il celerino è lì per difendere la legge, lo Stato e “i papponi che stanno in Parlamento”, per mantenere l’ordine…de chè verrebbe da dire. Solo il capo bastone Cobra è ancorato all’ideologia Mussoliniana di ordine e disciplina ma sovente l’ABUSO DI POTERE è a portata di manganello, fuori e dentro il servizio. Tre teste calde che ascoltano i Joy Division e pogano sui Clash, senza più ideologia si reggono sul concetto molto personale di squadra e di fratelli. Ecco perché l’ex coatto Costantini Adriano cozza con loro, si allinea e sta in bilico tra bene e male senza cadere nello stereotipo del poliziotto democratico. Quando la misura sarà colma, e il motivo per cui indossa la divisa rigurgiterà (L’ONESTA’), allora a testa alta denuncerà i “fratelli” per aggressione aggravata agli ultrà de destra e chissà forzanovisti. Mazinga sposato con una poliziotta e padre di un figlio che non controlla più e che a sedici anni sa già da che parte stare, magari sbagliata, ma rovescio di una medaglia, riflesso di uno specchio da mandare in frantumi, fallimento con cui non rimane altro che tornare sulla strada a combattere contro i propri fantasmi. Anche Negro ha confuso o trasformato ordine e disciplina in odio e vendetta, per il gusto infantile e protervo di una spedizione punitiva contro alcuni immigrati molesti dimentica la figlia in caserma, Carolina avuta da una compagna cubana da cui è separato e con cui non riesce più a rapportarsi se non con le mani o con la gelosia. La piazzata sotto il Palazzo non è qualunquismo, è un sentimento viscerale di incomprensione tra servi e potere, di malcontento che tocca anche loro i primi difensori dei “politici quando se cagano sotto pe ‘na manifestazione” e delle istituzioni che dovrebbero rappresentare diversamente. Quattro celerini con dentro il retrocesso Carletto e fuori la spina Adriano che hanno avuto l’esperienza della Diaz (“amo fatto ‘na cazzata”) e attraversato altri casi di cronaca ricordati da SkyTg24 (coproduzione Sky e product placement che non guasta). Restano fuori i recenti casi di malapolizia quali le morti di Cucchi e Aldrovandi, ma A.C.A.B. sta sulla notizia e forse il finale andava chiuso prima. Sollima dirige con piglio sicuro e giusta tensione una storia verosimile e necessaria, una squadra di attori superbi in cui risaltano per talento naturale Pierfrancesco Favino e Domenico Diele. Infine il merito maggiore della pellicola sta nel non suscitare nessuna fascinazione e simpatia per i personaggi, solo rabbia e desolazione.

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