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Le paludi della morte

Regia di Ami Canaan Mann vedi scheda film

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La recensione su Le paludi della morte

di Stuntman Miglio
6 stelle

“Non sai in che cosa ti stai cacciando, tu non hai idea di dove ti trovi…”. Tornare alla regia cinematografica a più di dieci anni dall’ esordio e farlo con un’incursione nelle paludi della Louisiana non è impresa da tutti. Ci vuole sensibilità ed una certa dose di coraggio perché il terreno narrativo nasconde diverse insidie ma, da un rampollo della famiglia Mann, un minimo di talento lo metti in conto sin dall’inizio. L’approccio al genere di Ami Canaan, poi, rimanda insistentemente a quello del padre che qui si limita a produrre: diretto, iperrealista, emotivo, digitale. Il suo è un thriller umanista, concentrato a pedinare i propri protagonisti in ogni loro slancio, impegnato a creare atmosfere moralmente disturbanti. Non c’è salvezza a Texas City, decine e decine di ragazze morte nelle paludi sono lì a testimoniarlo. Terra di nessuno dove il lume della ragione soccombe alle tenebre di un’ordinaria follia. Niente magia nera o demoni saltati fuori dall’oltretomba, qui inquietudine e pericolo sono reali e possono nascondersi tranquillamente nel salotto della casa accanto. Ne sanno qualcosa le forze dell’ordine, fiere eppure impotenti di fronte a un dilagare di violenza ormai radicato nel modo di (soprav)vivere della provincia americana. "Texas Killing Fields" è un film di sensazioni giocato costantemente su un dualismo malsano che non si limita a contrapporre solo i personaggi (lo sbirro buono e lo sbirro cattivo, il criminale incallito e lo psicopatico) ma che agisce anche sugli scenari (le due contee confinanti) e sulle coscienze collettive, soffermandosi a più riprese sul labile confine che separa il bene dal male, il sacrificio dalla vendetta. Il materiale è ricco ma non tutto fila liscio, se la tensione tiene infatti per induzione, l’azione e soprattutto lo sviluppo investigativo finiscono in secondo piano svelando i punti deboli di un plot non troppo fluido e comunque piuttosto prevedibile. Notevole comunque il lavoro fatto sulle ambientazioni e sugli attori, vero e proprio centro nevralgico dell’intera pellicola. Tolto Worthington che continua a non piacermi - anche se ha fatto ben di peggio altrove - sono pienamente convincenti le prove di Jeffrey Dean Morgan, Jessica Chastain e della piccola Moretz, tutte più misurate e ricchi di sfumature. Nelle viscere di quella che potrebbe sembrare una “Southern Twin Peaks”, ritroviamo addirittura Sheryl Lee ed il riferimento è tutt’altro che casuale, il suo inferno si apre (ancora una volta) ai piedi di un terrificante Stephen Graham. Parto degenere di un'umanità in cancrena.

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