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Trama

Giunti in una ricca e antica villa sperduta tra le campagne della Francia per assistere al funerale del drammaturgo teatrale e regista Antoine d'Anthac, un gruppo di amici attori apprendono dalla lettura del testamento di essere i destinatari di una particolare sfida. Poiché tutti quanti avevano partecipato anni prima alla realizzazione di una nuova versione di Orfeo e Euridice, riadattata dall’autore per l’occasione e giudicata all’unanimità un’opera eccezionale per il suo tempo, dovranno vedere la registrazione della stessa opera, messa però in scena dai giovani attori della compagnia de la Colombe, e capire se sono ancora in grado di confrontarsi su un palco con temi come la vita, la morte, l'amore e l'amore dopo la morte.

Approfondimento

L'EURIDICE DEL CARO ANTOINE

Dopo Gli amori folli (2008), il novantenne regista Alain Resnais porta sullo schermo, su richiesta dei produttori Jean-Louis Livi, Julie Salvador e Christopher Jeauffroy, uno speciale adattamento dell'Euridice riscritta da Jean Anouilh. La scelta è ricaduta, come è abitudine di Resnais, su un'opera facile da trasporre e girare in tempi brevi ma che, con il suo linguaggio teatrale e quasi musicale, permette agli attori di allontanarsi dal realismo della vita quotidiana per avvicinarsi a una rappresentazione senza tempo. Prima di fermarsi su Jean Anouilh, Resnais ha letto e riletto molti altri autori ma la sua scelta, alla fine, è stata dettata anche da molti ricordi biografici, tenendo a memoria di quando nel 1942 l'assistere alla rappresentazione dell'Euridice di Anouilh lo aveva commosso a tal punto da montare sulla sua bicicletta e fare due volte il giro dell'intera Parigi per smaltire l'emozione. L'Euridice, però, non è l'unica opera di Anouilh usata per il film. Tre giorni dopo essere stato chiamato a lavorare sul copione del film, lo sceneggiatore Laurent Herbiet ha proposto al regista di introdurre anche alcuni elementi provenienti da un'altra opera sempre dello stesso autore: il dramma Cher Antoine, in cui si racconta dell'insicurezza e dell'eterna insoddisfazione del commediografo Antoine d'Anthac che, alle prese con una nuova rappresentazione della sua Euridice da parte di una giovane compagnia, chiede al gruppo di vecchi amici e attori della prima messa in scena di visionare il lavoro dei nuovi interpreti. La scommessa a quel punto era quella di realizzare un film incentrato sull'emozione di un attore alle prese con la riproposizione di un ruolo cardine della propria carriera e sul rapporto simbiotico che si crea tra un regista e i suoi attori, totalmente assorbiti da personaggi e temi portati in scena da esserne condizionati nelle vite private.

DUE VERSIONI, DUE CAST, DUE REGISTI

Nel definire il cast del suo film, Alain Resnais si è affidato per gran parte ad attori che aveva già diretto nella sua carriera. Gli unici quattro con cui non aveva mai lavorato erano Denis Podalydès, Andrzej Seweryn, Hyppolite Girardot e Michel Robin. Mentre Resnais ha scelto gli attori che nella storia hanno portato in scena la prima e innovativa rappresentazione dell'Euridice, ha lasciato campo libero al regista Bruno Podalydès di individuare gli interpreti - tutti esordienti - che avrebbero costituito la Compagnia de la Colombe, invitandolo anche a realizzare le musiche della moderna Euridice e a reperire la troupe tecnica con cui avrebbe dovuto metterla in scena. Come in un gioco, nessuno dei due registi sapeva come si sarebbe mosso l'altro. Le uniche cose che Resnais ha indicato al collega erano lo scenario, già implicito nell'opera, e i frammenti della storia utili al suo film. In questo modo, entrambi sarebbero stati sorpresi del risultato dell'altro e ne avrebbe giovato la struttura dell'intero film, reso ancora più credibile dall'avere realmente in scena due differenti Euridice. Prima che Resnais iniziasse le sue riprese, Podalydès ha girato per 5 giorni all'interno di un magazzino, trasformato in set con arredi provvisori e con un pendolo di Foucault a rallentare il ritmo in scena, i 28 minuti che nel montaggio del film sarebbero stati inseriti in maniera frammentata.

MUSICHE DA MILLENIUM

Per le musiche, dopo Cuori (2006) e Gli amori folli (2008), Alain Resnais collabora per la terza volta con il compositore americano Mark Snow. Poiché nel film la musica segna lo stato quasi ipnotico degli attori in casa di Antoine, Resnais desiderava che le musiche fossero semplice e enigmatiche al tempo stesso e capaci di giocare sui livelli chiaroscurali delle musiche che Snow aveva composto per la serie televisiva di Chris Carter Millenium. Dato che Snow si trovava nel Connecticut e non poteva lavorare alle musiche in conemporanea con le riprese, su indicazione del regista gli attori, mentre giravano, avevano in diffusione un mix di sue composizioni precedenti per trovare tono e ritmo finale.

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Recensioni

La recensione più votata è positiva

alan smithee di alan smithee
8 stelle

Ogni ritorno sulle scene di Alain Resnais, ultranovantenne in forma smagliante e giovane di passione, si traduce in un girotondo un po' folle, cervellotico ma "pieno di grazia" e lievita', humor e brillante resa interpretativa da parte di un folto gruppo di attori affiatati e coinvolti come solo poche volte capita di poter constatare. Pensate solo all'espediente narrativo grandioso di ormai… leggi tutto

1 recensioni positive

Recensioni

La recensione più votata delle sufficienti

Tato88 di Tato88
6 stelle

In effetti questo non l’avevamo ancora visto, ma il titolo provocante ha alzato un pò troppo il tiro rispetto a ciò che il buon Resnais ci mostra stavolta. Ricercando un’invenzione linguistica gradualmente sempre più onirica e trasfigurata, il figlio/pioniere della nouvelle vague sembra apparentemente sorprenderci ad ogni cambio di scene e di inquadratura, lasciando tuttavia insoddisfatto… leggi tutto

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Un drammaturgo muore e lascia scritto nelle sue ultime volontà che un gruppo di attori con cui ha lavorato in passato venga convocato nella sua villa per assistere alla registrazione della sua versione moderna della tragedia di Orfeo ed Euridice. Gli attori accorrono e, durante la visione, si ritrovano sullo schermo. È abbastanza comprensibile che a 90 anni il dilemma…

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