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J. Edgar

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su J. Edgar

di bradipo68
8 stelle

E'silenzioso l'ultimo film di Eastwood.
E il silenzio esige il rispetto perchè resta comunque una delle forme di armonia più perfette.
J. Edgar no, sia uomo che oggetto filmico non è perfetto, ma è pur sempre Eastwood.
Non è mio, toccatelo pure se volete, strapazzatelo senza pietà ma sempre con ironia perchè ancora una volta questo vecchio ubriacone ,vituperata (im)moral guidance di un giornalino di una delle più lontane colonie della galassia, riesce comunque a far tracimare dallo schermo la sua idea di cinema.
Omaggia a mani basse l'epopea del gangster movie anni '30,quasi cita al contrario il Mann di Public Enemies girando una sparatoria che più tradizionale non si può, mira scentrata compresa, contrapponendosi all'uso del digitale magnetizzante dell'altro, racconta una storia d'amore multistrato con una regia sempre misurata e con una fotografia desaturata che svuota di colore un'epoca intera virandola al grigio.
J. Edgar per me è un film sull'amore: quello mancato con Miss Gandy( respinto una volta decide di assumerla come segretaria privata ma non le farà più avances), quello annichilente per la madre ( ricambiato a suon di precetti continui con la lunga ombra di lei che si proietta su qualsiasi cosa faccia il suo piccolo Edgar), quello totalizzante per la propria patria che difende a ogni costo sempre pericolosamente in bilico tra strategia preventiva e paranoia, quello infelice e nascosto  per il proprio collaboratore, vice, amico,compagno silenzioso e fedele di una vita Clyde Toolson.
Clyde è sempre stato al fianco di Edgar, simbolo del rimpianto per qualcosa di inconfessabile di fronte a una nazione più bigotta che puritana.
J. Edgar racconta la storia americana recente vista attraverso gli occhi di chi aveva in mano il destino di ogni uomo pubblico.
In realtà Eastwood non racconta direttamente la figura di Hoover ma mette per immagini il racconto che il potentissimo direttore dell'FBI fà di se stesso.
E' normale quindi che vengano apparentemente sfrondati gli episodi più controversi della sua vita perchè il racconto è fatto direttamente dal protagonista che ha tutto l'interesse di smussare alcuni spigoli acuminati.
Nella sceneggiatura di Dustin Lance Black, già sceneggiatore di Milk, quindi non esattamente un novellino nella trattazione di personaggi controversi, c'è solo un momento in cui il melodramma si mostra potente e ribelle, dando anche l'impressione che per un attimo ne sfugga il controllo : il litigio tra Clyde ed Edgar è il litigio di una coppia che sa benissimo di esserlo ma fa finta di non saperlo.
ln pratica è la storia di Hoover: sembrare costantemente quello che non è , in pubblico uomo retto da rigidi principi morali elaborati per lui dalla madre, in privato millantatore e voyeur , permaloso ma anche capace di ammettere finalmente di amare Clyde quando ha paura di perderlo nel bel mezzo di una crisi isterica.
J. Edgar racconta Hoover cercando di bilanciare pubblico e privato, vizi e virtù.
Non un'agiografia ma la rilettura della storia americana del XX secolo da una prospettiva particolare. Un peccato che tutto questo fluire armonioso di avvenimenti sia parzialmente offuscato da un trucco e parrucco pessimi che badano solo a circondare di uno scafandro di lattice veramente brutto a vedersi Di Caprio e Armie Hammer.
Per una Nazione con una storia relativamente breve come gli USA,  il regno di Hoover  rappresenta una parte cospicua del suo cammino.
Tra qualche decennio, quando troveranno la scatola nera sapremo tutti chi era veramente J. Edgar Hoover.
Per adesso ci dobbiamo ancora accontentare di molte domande senza risposta.

Su Clint Eastwood

La regia è sempre fluida e classica

Su Leonardo DiCaprio

immerso in uno scafandro di lattice fa fatica a riemergere

Su Naomi Watts

in un cantuccio

Su Armie Hammer

anche lui sfigurato dal trucco e parrucco

Su Judi Dench

bravissima in un personaggio mefistofelico

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