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Hysteria

Regia di Tanya Wexler vedi scheda film

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La recensione su Hysteria

di alan smithee
6 stelle

Nell'ultimo ventennio del 1800, in una Londra vittoriana divisa da un solco sociale che sembra incolmabile e che separa il ceto dominante da un popolino al limite della miseria, ma anche da una disparita' uomo donna che e' pari direi a quella ora riscontrabile tra l'essere umano e l'animale domestico, un giovane volenteroso medico molto risolutamente propenso alla medicina moderna e all'aggiornamento dei metodi antiquati praticati da certa vetusta medicina sulla povera gente, colleziona licenziamenti su licenziamenti a causa della sua intransigenza, fino a quando viene assunto da un celebre anziano specialista di una malattia molto dffusa a quell'epoca tra le donne agiate: l'isteria. Si tratta di una forma di irrequietezza che l'anziano dottore intuisce vada curata "a mani nude", rivoluzionando metodi, pareri, opinioni.
Data l'eta' avanzata del professore, in poco tempo il giovane, ambizioso e bel medico finira' per supplire molto degnamente il suo maestro, ma anche per innamorarsi della figlia piu' conformista di quest'ultimo, di avere una geniale intuizione grazie alla collaborazione di un brillante quanto folle inventore suo amico e di collaborare ed imparare a conoscere la problematica, spilungona e dinamica altra figlia del suo capo; donna progressista, sognatrice ed impegnata nel sociale.
Commedia di costume dal taglio spigliato e malizioso, che parte con un buon dinamismo, una verve smagliante e una generosa dose di spensierata comicita per arrendersi presto nella deriva di un sentimentalismo e una romanticheria che ne limitano molto la riuscita complessiva; e tutto cio' soprattutto quando la pellicola affronta le pur drammatiche argomentazioni inerenti tematiche sacrosante come l'ingiustizia sociale, la prevaricazione di una casta sull'altra e la situazione ingrata riservata alla donna, piu' serva sottomessa che angelo essenziale ed irrinunciabile del focolare. Fino a riverlare al pubblico che l'isteria altro non e' che un generico stato d'animo che si puo' riassumere nell'insoddisfazione, nell'inadeguatezza, causata da un partner maschile che non sa, non puo' e/o  non vuole concedere alla propria partner la stessa soddisfazione che lui stesso decide di prendersi a suo piacimento e univoca soddisfazione, a scapito della propria altra meta'. Certo accostare queste cervellotiche convinzioni ad una problematica ben piu' seria radicata in una societa' maschilista e gretta che soggioga e soffoca la figura femminile, finisce forse per risultare un po' forzato per un film che nasce con altri e piu' leggeri e piccanti scopi narrativi, che in buona sostanza si riassumono con l'invenzione di uno strumento tra i piu' inconfessabilmente  fondamentali e rivoluzionari per la donna moderna, per la nascita del orgoglio femminista e di un nuovo concetto di sessualita' e anche di liberta'.
Caruccio e poco piu' Hugh Dancy, solare ed intensa la spilungona e sensuale Maggie Gyllenhall che da' vita ad un altro personaggio forte e bizzarro della sua interessante carriera, mentre ad un  Rupert Everett con gli zigomi piu' rifatti e sporgenti di Cher, spetta un'altra volta il ruolo piu' brillante e spiritoso di tutto il dinamico ma per nulla memorabile film.

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