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Hugo Cabret

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Hugo Cabret

di supadany
8 stelle

Puro atto di amore nei confronti del cinema da parte di Martin Scorsese, che con “Hugo Cabret” mostra la sua vitalità artistica alle soglie dei settant’anni che successivamente troverà un’ulteriore manifesta, in modi molto differenti, esplicitazione in “The wolf of Wall street”.

Parigi anni ’30, il giovanissimo Hugo Cabret (Asa Butterfield) vive da solo all’insaputa di tutti all’interno della stazione di Montparnasse, ha il sogno di aggiustare un automa lasciatogli dal padre (Jude Law) e l’incubo di essere catturato dall’inflessibile capostazione (Sacha Baron Cohen).

Nel tentativo di portare a termine la sua missione viene a contatto con George (Ben Kingsley), un burbero giocattolaio e successivamente con la sua figlia adottiva Isabelle (Chloe Moretz); con quest’ultima comincia un’avventura che porterà entrambi a scoprire cose che nemmeno potevano immaginare.

 

 

Bastano pochi attimi e siamo subito catturati dalle immagini; uno scorcio di Parigi, la neve all’esterno, la stazione ferroviaria brulicante di varie umanità e la telecamera che insegue dinamicamente i movimenti del giovane Hugo e l’immaginario scenario è come se già fuoriuscisse dallo schermo (non solo per il 3D).

Una gioia per gli occhi di grandi e piccini, l’inizio di un’avventura a dire il vero con qualche tempo morto, o almeno non proprio riempito in maniera felicissima (soprattutto nel corpo centrale vi è forse qualche rallentamento di troppo), ma che possiede comunque varie prerogative in grado di tenerci lì a seguirlo con attenzione.

La passione per il cinema è vivissima, ancora una volta si ricorda l’importanza della memoria, la necessità di tramandare la conoscenza ai posteri (anche quando il presente sembra ignorarne l’importanza) e il bisogno di avere uno scopo nella vita; in tal senso è bellissimo il discorso di Hugo secondo il quale ogni uomo è un ingranaggio di quella macchina che è il nostro pianeta.

Inoltre, come da prassi per la stragrande maggioranza dei film di Martin Scorsese, il clima generale è rinvigorito dalla cura della scenografia (il contributo di Dante Ferretti è superlativo), mentre le musiche di accompagnamento, o sottofondo che siano, di Howard Shore sono deliziose.

Tra gli interpreti ovviamente la prima pagina spetta di diritto ai più giovani; Asa Butterfield mostra una forza di volontà notevole, mentre lo sguardo di Chloè Moretz è curioso come pochi; tra gli altri Ben Kingsley riesce a fare la differenza quando serve (il flashback del passato, il presente che gli si riapre improvvisamente, lo sguardo che torna ad accendersi)) e Sacha Baron Cohen sembra quasi un personaggio cartoonesco, per una caratterizzazione intraprendente ed efficace.

Un film visivamente spettacolare, narrativamente non sempre costante, emotivamente coinvolgente (ma forse avrebbe potuto esserlo anche di più), formalmente ricco per due ore ricche di soluzioni, sorprese (non sempre inquadrate benissimo) ed incontri che mostrano la duttilità del regista e la sua continua voglia di stupire e scrivere nuove pagine di cinema.

Ammaliante. 

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