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The Son of No One

Regia di Dito Montiel vedi scheda film

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La recensione su The Son of No One

di Stuntman Miglio
6 stelle

Terza prova per l' incostante Dito Montiel che per l'occasione si dedica al poliziesco d'autore. Il figlio di nessuno citato nel titolo è un ragazzino bianco - soprannominato Milk - cresciuto fra violenze di vario tipo nel peggiore degrado del Queens. Privato della propria infanzia da tossici e malviventi di bassa lega, Milk tenta la fuga dal ghetto in compagnia di Vinnie, un instabile amichetto di colore, ma la tragedia è dietro l'angolo ed il tutto si risolve con ben due omicidi. A distanza di anni, ritroviamo Milk adulto, con famiglia a carico ed arruolato come agente di polizia. Mentre è in servizio, un' eccentrica giornalista inizia a pubblicare inquietanti lettere anonime che rimestano proprio in quel torbido passato dal quale lui tenta imperterrito di scappare. Teso e venato di noir quanto basta, il film di Montiel possiede diverse intuizioni registiche di rilievo e riesce ad essere efficacemente disturbante in entrambi i contesti temporali in cui la vicenda è svolta. Ben girato con sequenze ed inquadrature interessanti, il film del cineasta newyorkese rende bene l'atmosfera di corruzione, pochezza ed ineluttabilità che aleggiano nei quartieri malfamati della grande mela, muovendo accuse ben precise contro le forze dell'ordine,  ritenute intoccabili soprattutto dopo gli eventi dell' 11 settembre. I contenuti ci sono, lo stile anche, la sceneggiatura - firmata dallo stesso regista - è efficace per quanto scarna ed il cast è di quelli da grande occasione. Eppure qualcosa non funziona, i conti non tornano. "The son of No One" purtroppo è la conferma mancata di un autore o la conferma di un autore mancato. Nonostante infatti le buone premesse ed un discreto svolgimento, il lungometraggio di Montiel finisce con l'aggrovigliarsi sulle sue stesse velleità, complice un intreccio giallo elementare e prevedibile - nonostante un paio d'indizi fuorvianti - ma soprattutto vittima di un protagonista mai all'altezza come Channing Tatum. E' possibile che il ragazzo si debba ancora "formare" ma il carisma latita e di ciò ne risente l'intera pellicola nonostante la presenza di ottimi comprimari. Al Pacino gigioneggia con stile, Ray Liotta - ancora una volta- incarna alla perfezione la quinta essenza del marciume umano.

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