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Il mucchio selvaggio

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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GARIBALDI1975

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La recensione su Il mucchio selvaggio

di GARIBALDI1975
4 stelle

 

Fra i film western più quotati nella classifica mondiale Imdb rientra questo titolo, per cui mi sono approcciato alla visione nella consapevolezza di osservare un “classico” western, conclamato tanto in Italia quanto all’estero. Alla fine della visione il sentimento predominante è stato la delusione.

 

Allora perché vedere “Il mucchio selvaggio”?

Un paio di buoni motivi li ho riscontrati e sono degni di essere menzionati: il primo di carattere antropologico, il secondo riguarda il contributo che questo titolo ha dato all’evoluzione, alla storia del cinema d’azione, più che western.

 

 

Il motivo antropologico

Vi siete mai chiesti che ne è stato dei cowboy? Perché sono scomparsi? Si sono estinti come dinosauri? Sono stati spazzati via in un unico evento? O c’è stato un estinzione lenta e graduale? Ebbene, se fossimo interessati alla risposta, allora in questo film potremmo trovare più che qualche spunto per la soluzione. Ma non lo trovo un argomento abbastanza interessante, almeno per noi europei.

 

Il contributo storico evolutivo dato al cinema

Oltre ad evidenziare alcuni aspetti che hanno fatto estinguere il mondo western, il film da un maggiore contributo all’evoluzione, o forse a dare inizio, impulso ad un nuovo genere per l’epoca (1969): il genere d’azione. “Il mucchio selvaggio” inaugura uno stile rivoluzionario di violenza realistica che per l’epoca aveva un sapore certamente innovativo. Anche l’uso dei rallenty, forse è fra le prime volte, massicciamente utilizzato. Ma bastano questi due aspetti per giustificare l’enorme successo di pubblico e di critica che questo film riceve da decenni a livello mondiale? Per me no! Qualcosa non mi convince e non mi ha catturato.

 

scena

Il mucchio selvaggio (1969): scena

 

I punti deboli del film

I protagonisti sono due gruppi di pistoleri che si assomigliano troppo, parecchio per caratteristiche, età anagrafica (piuttosto avanzate) e con due capi che hanno quasi la stessa ‘faccia’. Il primo gruppo è composto da criminali che si affannano per la loro ultima grande rapina che risulta essere soltanto un’encomiabile perdita di tempo; l’altro gruppo è una banda di mercenari al soldo della Società delle ferrovie, che ha l’incarico di eliminare il primo gruppo; il leader del secondo gruppo è Deke Thornton, anche lui ex rapinatore, conosce bene come operano i suoi ex colleghi banditi, ma ho trovato ridicolo che un cowboy navigato si sia fatto prendere da un senso di lealtà verso i rapinatori, da una sorta di codice d’onore tra ladri, che trovo in antitesi e anacronistico con lo spirito fondamentalmente anarchico che doveva regnare nel vecchio West.

 

La chiave antropologica voluta dagli autori l’ho trovata eccessivamente forzata; quasi a dire che questo ‘mucchio selvaggio’ di cowboy sia l’ultimo cespo di quella razza selvaggia che si stava estinguendo cedendo il passo alla società civile e industriale, al progresso. Poetico sì, ma non in linea con quella violenza caricaturale, quel senso di libertà che ci si aspetterebbe nel West. Senza dubbio film come questo hanno dato lo spunto anche per alcuni personaggi caratteristici dei film di Quentin Tarantino. Nonostante ciò l’ho trovato un film che ha deluso le mie aspettative; troppo verboso, agrodolce, a volte triste, poco brillante e imperfetto sia come genere western, che come prototipo dei film d’azione.

 

In definitiva vale poco rispetto al western all’italiana rappresentato dal ben più grande Sergio Leone, il quale davvero ha rappresentato tutta la ‘miticità’ del vecchio West.

 

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