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Il dittatore

Regia di Larry Charles vedi scheda film

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La recensione su Il dittatore

di ROTOTOM
8 stelle

Il dittatore Aladeen è il despota dello staterello nordafricano di Wadiya tanto misero di natura quanto ricco di riserve naturali e identificato iconograficamente dal palazzo reale che sembra uscito da un delirio notturno di Walt Disney per imponenza e  assurdità architettonica. Dal palazzo delle mille e una notte il paese è amorevolmente oppresso e sfruttato per il proprio ottuso piacere dal dittatore e dal suo fedele segretario Tamir (Ben Kingsley). Quando si presenta la necessità di una visita all’ONU il dittatore dovrà vedersela con la democrazia e i diritti civili ai quali non è proprio abituato.

Sacha Baron Cohen ritorna a sbeffeggiare il mondo con una commedia assurda e ironica,  coadiuvato in regia dal fedele Larry Charles che si pone al servizio del mattatore istrionico, seguendolo fedelmente in ogni svaccata, ogni duello verbale e ogni assurdità razzista. Qui sta il bello, visto nella desolazione delle sale cinematografiche come rifugio dall’afa, Il Dittatore si  è rivelata invece una lieta sorpresa. Commedia divertente, politicamente molto scorretta in pieno stile Baron Cohen che senza vergogna demolisce ogni tabù con una presenza e un candore che sul cinema non si vedeva da tempo. Lasciati da parte gli infausti panni del cronista kazako Borat, un falso documentario che è un insulto all’intelligenza e dimenticato il dimenticabile Bruno, Il dittatore di Cohen è un concentrato di egocentrismo, razzismo, sessismo, antisemitismo, brutalità gratuite e idiozia compulsiva unito ad un  delirante culto della personalità propria di ogni dittatore moderno. Modellato fisicamente su Saddam Hussein e Gheddafi con la barba di Bin Laden, esprime il totalitarismo di origini quasi divine del defunto dittatore nordcoreano Kim Jong-il, al quale il film è ironicamente dedicato. Cavalcando senza ritegno alcuno i mari  dell’ignoranza assurta a dote indispensabile per esercitare un capriccioso volere senza capire ne’ sapere, sprezzante della vita altrui e delle più comuni regole di convivenza civile e svuotato di qualsiasi empatia per il prossimo, il Dittatore Aladeen è l’elevazione a potenza del ridicolo picaresco che i dittatori moderni riescono a suscitare nel mondo, cosiddetto , libero.

Si ride di gusto, alcune trovate sono geniali, non siamo più dalle parti del falso spacciato per vero del mockumentary di Borat, la commedia segue una linearità classica costellando di battute e situazioni limite una vicenda che solo meno grottesca potrebbe anche essere vera. Il Dittatore è sospeso tra lo slaptstick, l’umorismo scatologico e l’aggressione visiva  ma ammantato anche di citazionismo, paraculismo da riporto mediatico, ospitate illustri in camei fuori dal comune senso della star   - Megan Fox call girl d’alto bordo per facoltosi uomini politici e Edward Norton che soddisfa le voglie orali di un ricco imprenditore cinese – gustose schermaglie verbali tra Baron Cohen e il suo tirapiedi, gioco dello scambio di persona e gusto per l’equivoco.

Si ride per la presa in giro dei vizi del despota che ostenta ricchezza e onnipotenza ma anche della libertà democratica incarnata nella lesbica Zoey (Anna Faris) che gestisce un negozio eco solidale e che ostenta valori tanto indotti quanto ipocriti. Agli occhi di Aladeen la libertà è solo caos, ogni razza viene allegramente sbertucciata, il gioco della provocazione si fa sempre più scoperto, i riferimenti all’attualità sempre più trasparenti. Così il dittatore si renderà conto – e ne renderà conto alla platea – di come la democrazia sia un tipo di oppressione talmente sofisticato da venire percepita come libertà.

Il Dittatore è un film che colpisce facilmente nel segno, giocando con ogni stereotipo possibile la satira grassa di Baron Cohen è inattaccabile. Ciò che rende godibilissimo il film è il ritmo, la spudoratezza di ogni situazione che mira semplicemente a divertire senza intellettualismi di sorta, la vis comica dell’attore inglese che si espone al ludibrio, come sempre ha fatto ma con calcolata accortezza narrativa. Nel passato il limite dei film di Baron Cohen era egli stesso. Troppo concentrato sulla maschera, nel lungometraggio finiva per stancare, questo film invece è narrativamente ben strutturato e la maschera di Sacha Baron Cohen diventa il perno sul quale ruota la storia sorretta da ottimi comprimari.  Tutto sommato si ride di tutto, noi compresi. Aladeen nel suo delirio disumano e fumettistico non è altro che un  uomo qualsiasi che impone i propri capricci senza filtri morali e maschere sociali. E’ un bambino innocente che gioca con la cacca e ci gode un casino nell’obbligarti a mangiarla. Di più, è un suo diritto obbligarti a farlo, visto che è il dittatore.

 

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