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Un amore di gioventù

Regia di Mia Hansen-Løve vedi scheda film

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La recensione su Un amore di gioventù

di OGM
8 stelle

L’amore dei vent’anni è ovunque, eppure in nessun luogo. È assoluto, benché fatto di niente. Ed è tanto leggero da sembrare infinitamente fragile. Il suo carattere totalizzante è tale da richiedere la costante presenza dell’altro, ma anche tale da resistere caparbiamente alla separazione. Di fronte alle lettere che Camille e Sullivan si scambiano a distanza, il pensiero corre a I fidanzati di Ermanno Olmi, a quel carteggio tra un emigrante e la sua promessa sposa attraverso il quale il loro rapporto riflette su se stesso, e in questo modo si trasforma. Il sentimento tra i due protagonisti di questa storia è un filo teso attraverso il nulla: un legame tenue, che nella vicinanza si nutre di piccole cose banali, ma nella lontananza è scosso dal vento del dubbio, e lentamente svanisce, - o almeno così pare - come un raggio di sole al tramonto. Una relazione che non si lascia inquadrare nelle severe logiche del tempo è come l’anima impalpabile che riempie gli spazi vuoti di una casa, dotando le sue architetture di un’essenza vitale: è quell’elemento inconsistente e vago che si chiama bagliore, ed è la versione sfumata della luce, che attinge all’oscurità. Lorenz, il professore di Camille,spiega che quella luminosità incerta, proveniente dal profondo, è la proiezione della memoria nel presente. È un’eco che può sembrare trascurabile, e a volte viene inconsciamente messa a tacere, mentre in realtà è un macigno che preme sulla solitudine. Il primo amore non si scorda mai, perché è incomprensibile, è un enigma irrisolto che si interrompe senza una ragione, nello stesso modo magico e misterioso con cui improvvisamente nasce. Per Camille e Sullivan il punto finale non arriva mai, sostituito da tanti punti di sospensione, tra i quali è possibile inserire  strane idee di ribellione, spunti di distrazione, percorsi alternativi che arricchiscono l’esperienza personale, ma non chiariscono i contorni di un rapporto che resta tanto invincibile quanto indefinito. Ciò che unisce i due ragazzi è un fenomeno insensibile ai cambiamenti, perché la sua dinamica è un ritmico respiro che asseconda la loro crescita, i loro alti e bassi, le svolte repentine come le progressive prese di coscienza. Lasciarsi e ritrovarsi fa parte di questa fisiologia  dell’anima, che ha tanto bisogno di ricordare come di dimenticare, oscillando fra il nostalgico ripiegamento sulle certezze del passato e la smaniosa fuga in avanti, alla ricerca di un domani diverso, in cui ripartire da zero.  L’amore narrato in questo film è una parola dai mille significati sconosciuti, che si scrive, si cancella, e poi si riscrive; o forse, in realtà, è una frase interminabile, che ogni tanto si ferma a pensare, ma prima o poi prosegue, lieta di poter dire cose nuove. È un lungo, intermittente soffio, poco erudito e molto sgrammaticato, che si protrae per una vita intera, producendo il continuo, estenuante affanno della ricerca della felicità. Le tappe di questo viaggio hanno varie  tonalità emotive, che il film traduce in altrettanti momenti musicali. La colonna sonora spazia nei generi, nelle epoche, nei toni melodici, nelle lingue e nelle culture, per esprimere una universalità che è il prodotto dell’irrequietezza, dell’incapacità di stare fermi a guardare, e del desiderio di abbracciare il mondo. Protendere le mani e non riuscire a stringere nulla è il dramma che perpetua la voglia di ritentare, di non arrendersi, di rivalersi delle perdite subite e di quei punti di arresto che sono stati avvertiti come dolorose sconfitte. Un amour de jeunesse è un racconto che procede a tentoni, insicuro come i palpiti acerbi, ed indistinto come le trame del destino: quei disegni che non si capiscono, perché danno di sé soltanto un’immagine parziale e sfuggente, come il piccolo ritaglio di un dipinto malamente spennellato. Il film è tutto lì, e tutto vero, come quel quadretto senza fronzoli che è la breve illusione della gioventù: un abbaglio di cui, con gli anni, rimane impresso solo un riflesso sbiadito, ma dal sapore incantevolmente invecchiato.

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