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Cosmopolis

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Cosmopolis

di Serum
5 stelle

Mentre il mondo esterno sembra sull'orlo di una rivolta popolare (che, già lo si percepisce, probabilmente andrà a finire nel nulla e nel silenzio per far ricominciare il tran tran quotidiano), una punta di diamante dell'economia mondiale viaggia per le strade devastate rinchiuso nel suo appartamento su ruote, e ci mostra lo squallore della sua (ad occhi esterni inarrivabile) esistenza annegata nell'ipocondria (in stile Howard Hughes), nella dipendenza da sesso (come il protagonista di Conoscenza carnale), in convenzioni sociali sonoramente invecchiate ma ancora importanti per gestire il marketing della propria immagine (un futuro matrimonio di facciata) e nell'autistico legame con la rete ed il suo perpetuo, apparentemente inesauribile, flusso di dati, da cui sembra dipendere il destino del mondo intero. Sulla carta (innovazioni tecniche a parte), poteva essere il Quarto potere degli anni 2000: un protagonista alienato (qui dalla tecnologia e dal potere dell'informatica, là dalla propaganda e della predatoria volontà di distruggere chi, anche a fin di bene, lo vuole intralciare), venduto ad una istituzione economica che lo educa a sua immagine e somiglianza disumannizzandolo (nel capolavoro di Welles una banca, in questo film il suo equivalente ancor più smaterializzato: la finanza internazionale), per far sì che divenga suo carismatico gerarca ed al contempo un silenzioso sicario che tolga di mezzo, per vie più o meno legali, i nemici scomodi. Ma è un film sciancato, di un Cronenberg evidentemente stanco, astenico, che tenta di urlare senza voce e di graffiare coi guanti di velluto, ben lontano dai fasti dei suoi film migliori (che a suo tempo gli permisero di realizzare discorsi molto articolati e densi sulla società moderna e le sue insidie). Lo si vede soprattutto dal finale: la conclusione del viaggio che, come per il Marlowe di Cuore di tenebra, dovrebbe portare il protagonista faccia a faccia con i fantasmi della realtà che inconsapevolmente si era sempre portato dietro (incarnati dal barbone simbolo dell'accenno di rivoluzione a cui abbiamo assistito), risulta abbozzato, fra il didascalico ed il vacuo e a tratti quasi patetico. Nel complesso una grossa occasione sprecata.

 

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