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Cosmopolis

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Cosmopolis

di Houssy
10 stelle

Gloria e vita alla nuova carne. Sì, partiamo proprio da qui, da Videodrome del lontano 1983, perché Cosmopolis ne è la diretta conseguenza e la perfetta discendenza, ma soprattutto perché ancora una volta bisogna che tutto cambi perché tutto resti uguale. Esattamente come la storia che racconta, Cosmopolis è un viaggio attraverso il nostro mondo, il nostro domani e il nostro divenire lentamente sempre meno umani. Svuotati di ciò che ci rende quel che siamo, per ridurci ad un involucro senziente di carne, risentimento, desiderio, sangue e follia, in questo senso il film di Cronemberg vola alto e ci restituisce un mondo e un essere umano vuoti e terribilmente soli. Non è un caso che il maestro canadese abbia scelto un attore anonimo e impersonale come Robert Pattison ad interpretare il paradigmatico protagonista, vero e proprio simulacro di un’economia che ha smarrito il contatto con la realtà. Pattison risulta una perfetta sacca di ossa e sangue da riempire e plasmare ad immagine e somiglianza di un sistema che ha smarrito la propria umanità, la direzione e forse il significato. Allo stesso modo risulta paradigmatico l’uomo comune interpretato da Paul Giamatti, circondato da ciarpame inutile e vecchio, ammalato, furioso e in perenne ricerca di un nome che possa essere ricordato e riconosciuto al di là dell’identità che solo la ricchezza può regalare. Come due facce della stessa medaglia l’uomo e la società che lo schiaccia sono uniti in una danza di morte ed umiliazione, strettissimi il primo tra le braccia del secondo, avvinghiati in una imprescindibile simbiosi, capaci di trovare giustificazione e senso solo l’uno dentro l’altro. La nuova carne ha vinto e ha trovato nuova gloria, ma nulla cambia davvero. La realtà muta e si deteriora, se prima la mancata consapevolezza obnubilava le nostre menti, ora la coscienza acuisce la sofferenza e ci rende complici e partecipi, disposti ad innalzare cattedrali fatte d’oro per glorificare il nuovo attraverso l’ossessivo ripetersi di futili litanie e semplici preghiere di salvezza. Il microcosmo, anzi il nostrocosmo, descritto da Cronemberg, che rinchiude il suo protagonista in un’auto che resta perfetta ed intonsa al suo interno, mentre l’esterno va lentamente in pezzi, ha perso il senno e la direzione continuando a reiterare gesti e percorsi acquisiti ma privi ormai di significato, esattamente come un taglio di capelli. L’essenza della vita stessa e il suo significato sono messi in discussione mentre nulla sembra più avere un senso: il denaro, la fame, il sesso, l’amore, la morte e la speranza. Questo è Cosmpolis. Questi siamo noi. Questo è cinema.

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