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Attack the Block. Invasione aliena

Regia di Joe Cornish vedi scheda film

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La recensione su Attack the Block. Invasione aliena

di EightAndHalf
8 stelle

Dove sta l'ironia edificante e costruttiva del macabro e della giovinezza, lì sta Attack the Block come molto del cinema di Spielberg e anche di Zemeckis, da cui, nonostante l'andazzo da film indipendente, Joe Cornish sembra attingere a piene mani. Il suo sarebbe un semplice filmetto se non fosse per la velocità e il ritmo indiavolati che lo caratterizzano e anche per i curiosi personaggi che lo attraversano. Infatti l'intera pellicola si svolge in una periferia di Londra (sempre nominata, evocata da un brandello di bandiera inglese) dove ragazzi sbandati, che vivono in case popolari come se ne vedono in qualsiasi periferia di metropoli, sono spesso impegnati in furti e piccole rapine come a trovare soddisfazione da una condizione di vita poco appagante. Come se improvvisamente I Goonies si fossero imbruttiti, tutti loro si lanciano nella pericolosissima battaglia contro una strana razza aliena di grandi scimmioni pelosi con la bocca fosforescente da piranha (piccola curiosità: quando hanno la bocca chiusa, i due canini sporgenti si scambiano spesso per gli occhi che in realtà i mostri non posseggono), scattanti e voraci nel massacrare alcuni corpi, poco furbi e semplicemente bestiali nel momento in cui agiscono e se ne comprende il comportamento. Infatti forse Attack the Block, se la memoria non inganna, è il primo esempio di invasione aliena assolutamente casuale, disinteressata a una (poco interessante) umanità, ma semplicemente mossa da spinte animalesche che fanno piazza pulita per arrivare al loro obbiettivo, che si comprende solo alla fine con gran sorpresa per gli amanti degli action-horror. Un po' di splatter sano e innocuo, ritrattini convincenti e non troppo consolatori (loro sono ladruncoli e la donna protagonista è la vittima di una loro rapina, ma lei non è granché propensa a un perdono che deve stabilirsi per rimanere uniti contro i mostri) e uno scorrere fluido di situazioni che a poco ambiscono e molto riescono a divertire, costruendo sapientemente una suspense che in The Horde (simile per ambientazione ma non per toni) non si riusciva a raggiungere neanche in una scena. Niente razzismo, niente massimi sistemi: c'è però da dire che l'invasione colpisce solo quel dato blocco in quella data periferia, non come se fosse un messaggio divino che condanna un frammento di umanità perduta, ma come se tutta quanta l'adrenalina dei vari inseguimenti e dei vari combattimenti (quasi un riscatto emotivo per i giovani protagonisti, ragazzi perduti) corrispondesse, a prescindere dal numero dei morti, a un sogno solo loro, di nessun'altro, che loro custodiscono a distanza da genitori assenti che non possono capire e da un mondo esterno che si è dimenticato di questi piccoli esseri umani.

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