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Red State

Regia di Kevin Smith vedi scheda film

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La recensione su Red State

di maghella
6 stelle

Tre amici, compagni di scuola, decidono di rispondere ad un annuncio su una chat di incontri con lo scopo di avere un rapporto sessuale a 4 con una donna molto più grande di loro. I tre adolescenti vengono adescati dalla donna, che li fa sperare in una (non ben chiara) orgia tra amici. In realtà la donna è una seguace della “Chiesa dei 5 punti”, una congrega religiosa di una ventina di persone, tutte imparentate tra di loro, capeggiate dal reverendo Copper. L'annuncio sulla chat è una trappola che serve proprio per adescare adolescenti peccaminosi in calore, omosessuali e tutte quelle “categorie” che il reverendo Copper reputa impuri e indegni. I tre ragazzi si trovano così intrappolati nella tenuta del reverendo e la loro sorte è ben chiara fin dai primi minuti di prigionia. Dopo un delirante sermone del reverendo al cospetto dei suoi fanatici seguaci, i ragazzi assistono alla uccisione di un ostaggio catturato prima di loro, reo solo di essere un omosessuale.

Dopo una prima mezz'ora molto convincente, in cui il ritmo serrato delle scene e l'intreccio di alcune vicende tengono alta l'attenzione, la storia inizia a farsi confusa con l'arrivo di un agente dell'FBI (un sempre bravo John Goodman), che ha l'ordine superiore di circondare la tenuta del reverendo e far fuori tutta la congrega (donne, bambini e ostaggi compresi) perché accusati di alto tradimento e terrorismo.

Nonostante una certa confusione narrativa, il film riesce a non cedere a facili soluzioni splatter o peggio ancora di scontata morale. Questo è dovuto (a mio parere) ad una forte dose di ironia e sana autocritica verso le condizioni di grande allerta che vivono negli ultimi anni gli Stati Uniti. La paura di attacchi terroristici rende lo Stato autore di atti poco “puliti”, giustificati solo dalla condizione di gran pericolo. Chi ha l'autorità per farlo non si sottrae a giustiziare chiunque sia considerato “nemico”, privandolo così di un giusto processo in nome della sicurezza di Stato.

Alla fine non c'è molta differenza tra un delirante fanatico religioso come il reverendo Copper, che non si fa problemi a rapire ed uccidere gli “impuri” e il capo dell'FBI che per telefono ordina al suo agente di fare fuoco su chiunque, preoccupandosi esclusivamente che i media non vengano mai a conoscenza dell'accaduto. Chi vince è il più forte, che in questo caso non è Dio (che pare manifestarsi verso la fine con le trombe del giudizio universale), ma solamente chi ha più potere e più armi.

In questo film non c'è una parte per cui tenere, ma solo una da cui scappare. Ognuno tira l'acqua al suo mulino, segue le proprie deviazioni, le proprie ambizioni, i propri sogni deliranti, con una chiusura mentale senza precedenti.

Bravo, molto bravo Michael Parks nella parte del reverendo Copper.

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