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Tramway

Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film

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vicky13

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tramway

di vicky13
10 stelle

Krzysztof Kieslowski : Il Cinema come Vita e come Arte.

 

 

Tramvaj 1966.

 

https://www.youtube.com/watch?v=hovMRWNSOCw

 

 

 

 

Krzysztof kieslowski,  si è fatto conoscere al grande pubblico europeo occidentale nel 1988 al Festival di Cannes, dove il Suo Film, “Breve film sull’Uccidere”, dalla trama sferzante ed incompassionevole e dalla fotografia da incubo, stupì e sconvolse.

Avvennero, si racconta, addirittura , svenimenti in sala durante la proiezione.

 Il suo  Film , ormai era già  il  trentatreesimo, se lo si somma insieme ai corti ed ai documentari e  vinse a pieno merito , il Premio Speciale della Giuria al Festival di  Cannes nel 1988.

 

 Quello che ho scelto io oggi, di vedere per capire il regista , la sua poetica e le sue finalità di fare cinema , è il suo primo corto, di circa cinque minuti , Tramvaj  , esercitazione in bianco e nero, girata nel 1966 , come allievo regista alla  rinomata scuola del cinema di Lodz .

 

Prima di prendere in esame la pellicola , vorrei aggiungere le motivazioni che mi hanno spinto a questo.

 

Le motivazioni sono, cercare di conoscere e di  capire l’uomo e l’artista ,  Krzysztof Kieslowski, secondo me , uno dei più grandi registi mondiali contemporanei, famoso al grande pubblico europeo occidentale , grazie al Decalogo ed alla famosa Trilogia , nati anche dalla proficua collaborazione con Kristof Piesiewicz, sceneggiatore, politico ed avvocato polacco, guardando , non solo al Kieslowski , regista di lungometraggi , ma anche al Kieslowski regista di corti e di documentari, elaborati durante la prima parte e quasi tutta la sua carriera e sconosciuti da noi in Italia.

 

Il suo è da sempre stato un profondo ed attento sguardo sulla realtà , non per svelarne i contenuti in modo oggettivo, ma per perseguire da sempre le sue personali motivazioni registiche ed estetiche. Le sue motivazioni nel suo " stare dietro alla macchina da presa" erano  quelle di interrogarsi, cercando ,  soprattutto per se stesso la verità  delle cose, che,  per un profondo pessimista ed agnostico quale era, era  cosa assai difficile da raggiungere, per questo tutte le sue opere non sono,  solamente,  risposte a domande, ma sono domande esse stesse con nessuna posizione o soluzione da proporre al pubblico.

 

Gli stessi corti o documentari , sono girati, non mediante la sola oggettività del reporter televisivo,  ma con un suo personalissimo taglio artistico , in cui, non solo nei film di fiction , ma anche nei corti o nei documentari , l’occhio attento del regista, segue, non solo i fatti della Collettività e della Storia, ma soprattutto l’individuo ed i suoi moti interiori . Tutto ciò per cercare di svelare incessantemente la realtà profonda delle cose o per cercare una spiegazione a quel mistero che è l’essere umano e la sua esistenza, a cui senza pace, Kieslowski,  non  trova risposte da darsi  , perché risposte  non ce ne sono. 

Sempre rimane insita in ogni opera , la dialettica fra la curiosità di capire e la inadeguatezza di comprendere il mistero dell’essere umano.

 

 Alla domanda in una intervista a Kieslowski , in cui gli si chiede , che rapporto ha con il suo successo, Egli risponde che il successo , secondo lui non sono la fama, il denaro, ma gli obbiettivi che ci si è prefissati di raggiungere.

 Il  successo , secondo Lui, è raggiungere ciò che si vuole e dice :” Io il successo non l’ho raggiunto affatto .

Il successo, per me significa tranquillità ed io non ho mai raggiunto la pace , rispetto alle mie intenzioni e so che non la raggiungerò mai. Per questo non sono e non potrò mai essere un uomo di successo. Ma la cosa più importante non è l’obbiettivo in sé , la pace, la tranquillità, che è di per sé una meta utopistica , è la volontà di raggiungere il proprio obbiettivo , la volontà di raggiungere il proprio obbiettivo alla fine, diventa più importante dell’ obbiettivo stesso.”

Cosi ha fatto Kieslowski, nella propria vita e nella propria volontà di comprendere quel mistero profondo,  complesso,  fragile e forte allo stesso tempo che è l’essere umano.

 

“Il Tram “( Tramvaj ), è il primo corto, girato a Lodz nel 1966, nella Scuola Superiore del Cinema di Lodz

( dove si erano diplomati anche A. Wajda e R. PolanskI) .

 

Qui Krzysztof  Kieslowski  vi studiò dal 1964 al 1968, diplomandosi con la Tesi “Il Cinema Documentaristico e Realistico” L’ambiente allora era ricco di stimoli , come allievi nelle classi superiori c’erano importanti registi polacchi, come,  Jerzy Skolimowski , Edward Zebrowski , Krzysztof Zanussi, mentre fra gli insegnanti  Jerzy Bossak e  Kazimierz Karabasz, importanti registi polacchi  di documentari  di genere sociale.

Karabasz  nei documentari,  contrappone, criticando ,  la realtà sociale , e la sua  incongruenza, rispetto all’ “Ottimismo Socialista”  Kieslowski entra a far parte di questo gruppo di studenti guidati da Karabasz, dal quale erediterà la passione per la forma documentaristica ,  diplomandosi con la Tesi “Il Cinema Documentaristico e Realistico” sotto la supervisione del docente Bossak .

Ma Kieslowski, fu più interessato a seguire il metodo documentaristico di Karabasz, più incline alla osservazione sociologica,  dei soggetti e degli individui,  rispetto a quella di Bossak, maggiormente interessato ai fatti storici.

 

Tramvaj, Il primo cortometraggio narrativo  di Kieslowski   a soggetto,  svolto sotto la supervisione di Kaziemierz Konrad, cameraman e professore della Scuola di Lodz e di Wanda Jakubowska, regista conosciuto per i suoi film su Auschwitz,   si snoda in una unica breve situazione , una sorta di piccolo poema visivo di poco più di cinque minuti di ripresa, completamente muto.

 

Un ragazzo appoggiato ad una porta di vetro , assiste ad una festa, che è appena accennata. È solo e si annoia. Il suo volto di  un netto caravaggesco chiaroscuro e  la porta di vetro, su cui si appoggia il protagonista,  emergono in primissimo piano. Davanti al suo sguardo pensoso sfilano gli invitati danzanti . Quante volte ci possiamo essere sentiti così: estranei al mondo che ci circonda , caotica girandola insensata e frenetica?

 

Il ragazzo decide di andarsene . Fuori, la notte, il freddo, la neve , corre per prendere il primo tram che passa .

E qui, come non pensare a Witek ed alla sua corsa per prendere il primo treno per Varsavia in “Destino Cieco” ( film del 1981)  ?

 

Sul tram vengono filmati i passeggeri , su cui il giovane porge il suo sguardo.  I loro volti, ognuno dei quali è impegnato in qualche minuta attività , chi conta monete, chi scrive, chi si pulisce gli occhiali, chi è semplicemente seduto.  Sono di un realismo impressionante , e rimandano alla successiva attività  documentaristica del regista ( per esempio a Zdjecie , La Fotografia,1968  a Z Miasta Lodzi, Dalla Città Natale di Lodz 1968, saggio di diploma alla scuola di Lodz, a Bylem Zolnierzem, Io ero un Soldato, 1969, a Fabrika, 1970, Gadajace Glowy, Le Teste Parlanti, 1970) .

 

Il ragazzo li oltrepassa fino alla macchina  obliteratrice . Egli nota che il controllore, un uomo seduto con il cappello in divisa si è accorto di lui , indi per cui , legge scrupolosamente su di un cartello la tariffa notturna "dalle ore 23di notte  alle ore 5 del mattino"  ed oblitera con scrupolo,  il biglietto diverse volte, come richiesto.

 L’attenzione del regista è rivolta a tutti quei gesti ed oggetti quotidiani,   che tanto  caratterizzerà il suo cinema successivo.

 

Il tram si ferma, molti passeggeri scendono e vengono visti scendere riflessi sul vetro del finestrino del tram, come pure riflessa sul vetro viene scorta una ragazza seduta dietro di lui. Ora tutta l’attenzione del ragazzo è rivolto a  questa graziosa giovane passeggera da cui lui è completamente attratto .

Il giovane protagonista, come un vojeur osserva la ragazza , ricorda , in questa sua piccola e timida  ossessività, Tomek, in “Breve Film sull’Amore” (1988).

Lei , sentendosi osservata si rassetta timidamente la gonna ed il cappotto per coprirsi le gambe. Gli sguardi si incrociano e si distolgono timidamente, contemporaneamente l’uno dall’altro, dentro il vagone del tram con i suoi sedili di legno , i suoi appoggimano , che creando un taglio netto di prospettiva, trasmettono un senso di instabilità precaria , di lieve ansia e di bilico, stati d’animo del nostro giovane protagonista. Ansia , forse per l’indecisione a rivolgerle  la parola, ma quale parola potrebbe  porre un timido giovane di notte ad una bella ragazza  sconosciuta ? 

Così lui continua a ricercarne ripetutamente lo sguardo , spostandosi nel mezzo del tram, ma la ragazza , non gli corrisponde, si rannicchia, ha freddo.

Lui chiude la porta posteriore , rimasta aperta e viene ricambiato da un sorriso di lei.

Si sorridono molto timidamente entrambi ed il volto di lei viene ancora sempre ripreso riflesso sul vetro del finestrino.

Un piccolo calore di sguardi  scalda le fredde luci a neon del tram notturno e la prospettiva obliqua degli  appoggi mano del tram, che creano un senso di distacco e disagio.

Poi il ragazzo si mette in bocca una grossa caramella , che lo costringe a fare delle facce buffe , lei sorride più vivacemente guardando  le sue goffe espressioni del viso.

Si guardano e lei sorride, poi stanca si addormenta . Lui cammina in quel  vagone di quel tram notturno, che porta la scritta “vagone senza conduttore “ , avvicinandosi a lei la osserva da vicino.

Osserva da vicino con grande interessamento,  il suo viso delicato mentre dorme.

 

Grande primo piano dei volti , che sforano l'inquadratura,   per carpirne la loro interiorità nascosta.

 

La loro interiorità nascosta, quella che Kieslowski, chiama “Il lato oscuro delle persone” .

Usando le  stesse parole del regista, “  il primo lato delle persone  è quello chiaro, quello sociale, visibile, il secondo è quello scuro,  cioè , è il complesso degli stati d’animo, dei pensieri, delle sensazioni di ogni individuo, è il mistero che ogni uomo porta con sé e che deriva dal suo rapporto unico nei confronti della vita… in questo, emerge il lato più vero, rispetto alla presunta  verità dell’esperienza  documentaristica e ruba ciò che non è significativo  a vedersi , che non è espressivo”  ma che, aggiungo io,  scavando  nell’anima e nel profondo , pongono in risalto , i dubbi, le angosce,  la moralità nella scelta in   un affresco di  umanità tormentata,  dove continuamente  il caso incrocia il destino.

 

Ritornando al corto.

 

Arriva la seconda fermata, lui deve scendere, ma non si allontana, come nulla fosse successo. Cerca ancora una sorta di comunicazione con lei. La osserva ancora attraverso il finestrino. Lei è immersa nel sonno, prova a bussarle attraverso il vetro , ma lei dolcemente dorme ancora.

 

L’ oggetto   "vetro", fin dalla prima all’ ultima scena del film è sempre presente, come sempre in tutti i film di Kieslowski. Assurgere quasi a simbolo un oggetto:  il vetro, come filtro attraverso il quale noi percepiamo la realtà, come la lente d’ingrandimento dell’ Io sul mondo circostante.

Il vetro come filtro e distanza gli uni dagli altri, come difesa e chiusura , ma anche  come apertura .

L’attenzione spasmodica dell’ oggetto quotidiano e della quotidianità, ritratto così  precisamente  come una natura morta cinquecentesca , che al contrario,  prende vita, caricandosi di significati e stati d’animo.

 

 

 Questo  ci suggerisce , quanto Kieslowski si discosti da una cruda oggettivistica narrazione dei fatti,  per cercare di esprimere  le ragioni, il mistero,  che governa la nostra esistenza:  l’amore, l’odio, la morte e di come egli ne sappia parlare.

Il  modo in cui egli ce lo comunica ,  cercando di esprimere l’inesprimibile,  continuamente,  cerca di  spiegare ciò che non può essere spiegato con la sola  ragione.   

 

Tornando al corto.

Il protagonista è incerto sul da farsi.

Vuole trattenersi con lei ancora, ma non sa come fare.

Intanto il tram si allontana nell’ oscurità . 

Il tempo inesorabile non accetta esitazioni nella vita.

Ma , al contrario , il ragazzo  esita.

Alla fine, il protagonista,  decide di correre all’ inseguimento del tram, quando ormai è troppo tardi

ed il tram  si è allontanato nel buio e nella neve.

 

Ancora  e già da ora,  come nei film successivi, Kieslowski,   pone in risalto, la contraddizione dell’animo umano e  quanto importante sia il valore della  scelta , il finale sempre aperto, lo spazio alla riflessione senza porre delle risposte,  ed il ruolo predominante del caso in un destino forse già precostituito.

 

Vedi anche  il suo terzo saggio non professionale, film di finzione di 17 minuti, Koncert Zyczen, Il Concerto dei Desideri, fatto sempre alla Scuola di Lodz.

 

Per capire”Il Caso”, come lo intendeva Kieslowski vorrei scriverlo con le Sue parole:  

 

“Come pessimista non ho molte speranze , ma di tanto in tanto una speranza affiora nella mia vita .

 La speranza che comunicare sia possibile. Per quanto riguarda il caso poi, c’è da dire che da un lato , il caso è veramente un caso,  dall’altro non lo è affatto. Il Caso, è qualcosa che bisogna meritare , che bisogna guadagnare con un duro lavoro. Il caso nella vita è qualcosa che bisogna saper captare per poter trarre profitto, bisogna saperne creare le premesse per farlo uscire dal suo stato di potenzialità . E’ una regola generale che governa tutte le scelte della nostra vita, quindi anche la mia occupandomi di cinema. “

 

 

Concluderei con il pensare a questo piccolo primo corto, come una breve esercitazione registica  che racchiude embrionalmente  i diversi elementi che caratterizzeranno le  successive opere.

 

Così come una piccola storia , simile ad un piccolo blocco di pietra inerme , come quella da cui Michelangelo ha ricavato scolpendo,  tutte le sue opere d’arte, così  Krzysztof Kieslowski ha tolto da un blocco di pietra inerme, tutto ciò che non serve per dar vita a delle  storie che la gente sempre potrà guardare nel tempo ed apprezzare come le grandi  statue di Michelangelo.    

 

 

 

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