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The Raven

Regia di James McTeigue vedi scheda film

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La recensione su The Raven

di M Valdemar
2 stelle

La vita e le opere di Edgar Allan Poe ridotte, ignominiosamente, a mero pretesto per confezionare una storiella fragile e banale, (in)degna dei peggiori intrecci thriller da fiction televisiva.
Vile asservimento nell’allestire un’assortita e confusionaria, sordida trama che, pur partendo da uno spunto notevolmente interessante, si perde biecamente nei rivoltanti rivoli di un’inflazionata convenzionalità estetico-narrativa che atterrisce l’animo per insipienza e scarsa originalità.
Misera caccia al serial killer. Questo è The Raven. Che da ultimo arriva dopo centinaia di pellicole e serie tv “a tema”, senza saper aggiungere alcunché di proprio, di minimamente nuovo, di qualsiasi cosa, insomma, che ne giustifichi l’esistenza stessa.
L'omicida s’ispira ad alcuni dei più celebri racconti di Poe per i suoi delitti, ma potrebbe essere qualsiasi altro scrittore “de paura”: dov’è la particolarità? Che senso ha un’operazione come questa?
Come si può così stupidamente disperdere, svigorire, volgarizzare, standardizzare - a conti fatti: insultare - le potenti, immaginifiche creazioni di un Genio? banalizzandone il tormentoso vissuto, come fosse un qualsiasi idiota soggetto di uno di quegli insulsi show dove trionfano cattivo gusto ed efferata, effettistica ricerca della morbosità.
Non è qui il caso di fare un saggio sul grande scrittore e poeta americano, dacché s’intende per acquisita, inconfutabile la sua straordinarietà. Del suo “insaziabile amore del Bello” - per usare le parole di Charles Baudelaire, che di Poe fu dapprima ammiratore, poi profondo conoscitore ed infine “responsabile” del suo successo nella vecchia, aristocratica Europa - non v’è naturalmente traccia; la sua figura trattata alla stregua di una qualunque balorda moderna popstar, ubriacona e rincoglionita, ridicolmente ancorata a remote gesta gloriose.
A ciò ha contribuito pesantemente la scelta di farlo interpretare al “simpatico” John Cusack: mai decisione fu più squilibrata. Semplicemente intollerante. Cusack s’aggira, fiacco e in evidente perenne stato di disordine mentale (“che ci faccio qui?!!”), con aria inebetita e inebriata dal Nulla generale ch’avvolge ogni minuscolo frammento dell’intera produzione, ed i cui unici pensieri paiono essere il ricordarsi le battute e incassare il salario. Coi capelli e il pizzetto pittati di nero corvino - come se questo bastasse a trasformarlo in Poe, a conferirgli un’aura “maledetta”! - somiglia inquietantemente a Nicolas Cage in una delle sue tante inette performance.
Rabbrividente.
Il regista, James McTeigue, che pur aveva ben impressionato con V for Vendetta (ma già deluso col successivo Ninja Assassin), dà qui una pessima prova, non gli riesce - nemmeno per sbaglio - di affascinare, d’imprimere un taglio realmente gotico - come se non ne avesse mai né letto né visto alcunché - adagiandosi piattamente sui territori battuti di molta moderna produzione horror-thriller, i cui codificati meccanismi annullano la seduzione, l‘imminente e insinuante percezione di minacciosità, la forza suggestiva, l’inesorabile discesa nelle avversità del fato, la vena malinconica, romantica, umoristica, tutte le caratteristiche, per farla breve, che rendono mirabile la poetica poeiana.
McTeigue s’accontenta di tenere il ritmo, di curare (maldestramente) la facciata. I colori sono scuri ma non cupi, non inducono nulla (insopprimibile senso di angoscia, di spavento, di prodigio) fuorché irritazione visiva.
L'atmosfera è carica - di dettagli macabri, di citazioni tratte da lavori di Poe, di sciocchi elementi “giallistici”, di corvi (buttati lì, alla rinfusa), di fumi - ma fumosa, evanescente, non densa certo di contenuti e di risvolti, in quella che risulta essere una rarefazione d’intelletto che ha i contorni della blasfemia.
Gli sceneggiatori, per rendere evidente e giustificare il richiamo all’autore de Il corvo, si limitano - mostrando incredibile stoltezza - a riempire il film di riferimenti più o meno espliciti alle opere di Poe, a casaccio, senza significato, sfregiandone così gli effetti, l’ineguagliabile intensità attrattiva.
L'unico risultato di siffatta malefica sciagura è quello di ottenere un puerile giocherello in cui vince chi indovina per primo la citazione: da dove sono tratti questi versi? in che racconto avviene ciò? di quale altro è protagonista Tizio? in che opera è descritto questo delitto?
Ci sono segni di attività cerebrale negli “autori” di tale scempio?
Nel finale, quanto il delirante Cusack farfuglia continuamente le immortali parole “un sogno dentro un sogno” si ha, per un indefinibile attimo, la speranza che almeno un poco la pellicola si risollevi in una risoluzione decente, non in quella scontata direzione da giallo di quart’ordine deprimente e opprimente.
Che pena l’imbecillità umana!
Quindi non solo s’assiste all’esecrabile mercificazione della figura di Edgar Allan Poe, ma pure a uno stanco, scialbo, inutile mystery che non avvince né convince, scritto male, e che perde - nettamente - il confronto con una qualsiasi puntata, per esempio, di Criminal Minds.
Detto dell’oscena interpretazione di John Cusack (avessero avuto almeno l'accortezza di studiare la magnifica, sofferta, partecipata prova di Jeffrey Combs ne Il gatto nero di Stuart Gordon della serie Masters of Horror!), anche gli altri attori offrono poco di buono: Luke Evans, nel ruolo del non proprio brillante poliziotto incaricato delle indagini sui cruenti omicidi, si dimostra per la terza volta nel giro di pochi mesi (I tre moschettieri; Immortals) d’una mediocrità lampante; Alice Eve, la bella e innamorata destinataria dell'immensa Annabel Lee, non emerge, ma tutto sommato è la meno peggio dell’intero cast, in cui anche l’insignificante, grigio cattivo rivela l’imperdonabile vacuità e anonimato dell’intera terrificante operazione.
Che rimane della visione di The Raven?

"Ero stanco, mortalmente sfinito al termine di quella lunga agonia …”

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