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Cogan - Killing Them Softly

Regia di Andrew Dominik vedi scheda film

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La recensione su Cogan - Killing Them Softly

di ROTOTOM
8 stelle

7 novembre, Barak Obama ha vinto le elezioni rinnovando per 4 anni il mandato presidenziale per guidare la nazione più potente della terra. Cogan finisce così, con Brad Pitt, killer prezzolato, autore di un monologo fulminante sull’America mentre Obama è in video. Sono solo affari. Finisce così.

Cogan – Killng them softly frettolosamente snobbato dalla critica, è un film bellissimo. Giudicato “lento” ha il passo  strascicato dei reietti della provincia americana, quella dimenticata dalla propaganda, che si arrabatta cercando di sopravvivere di ciò che offre il mondo. Ovvero, nulla. Stigmatizzato per presentare un killer “fico” con un Brad Pitt che presta il proprio carisma ad un eroe totalmente negativo, ricordiamo che i killer nel cinema sono più fichi delle loro vittime, sempre. Vedere il recente Killer Joe di William Friedkin, ad esempio, omologo di questo film di Andrew Dominik.

Il killer è fico perché fa qualcosa che gli altri (ancora) non hanno voglia o capacità di fare.   E’ iperbole dell’uomo risoluto ed efficiente, in pace con se stesso. Quale è la differenza tra uno che preme un grilletto in faccia ad un poveraccio e qualcun altro, altrettanto fico, che spaccia spazzatura finanziaria rovinando le vite di milioni di poveracci? Uno è un killer, l’altro è un mass murder. Uno è sopra la legge, l’altro è protetto dalla legge.

Dominik muove i suoi personaggi in questo contesto, il degrado illimitato, grigio, terreo, della provincia dismessa americana. I luoghi che il sogno americano ha abbandonato chiudendo tutti fuori, quei perdenti abbandonati a loro stessi.

Cogan è un fiore del male cresciuto nello spleen economico e sociale del terzo millennio. Cuore dark, liberato di qualsiasi orpello morale, è il nuovo uomo. Quello che era grigio e metallico in Collateral di Michael Mann, old fashioned in Killer Joe di Friedkin, nero e sorridente questo di Domink. E’ sempre lo stesso uomo divenuto libero, sganciato dai fronzoli della società civile. Un nuovo, cinico vincente che fa del risultato il proprio vanto, non l’etica con la quale ha ottenuto il successo. Questi uomini sono solo iperboli di una realtà che ha asperso molta più frustrazione di una benedetta pallottola in testa.

Killing them softly, ucciderli dolcemente. Giusto, fuori le emozioni. La distanza regola i patti tra le due parti del contratto, una consapevole e l’altra meno, di quello che capiterà. Una transazione d’affari con un terzo inconsapevole, in piccolo una transazione in borsa. Il deserto che si lascia dentro questa massificazione del concetto è espressione esteriore della desertificazione urbana nel quale si muovono i personaggi del film di Dominik, schiantati dal non essere stati altrettanto cinici. O se lo sono stati, non così intelligenti de esserlo del tutto.

Ecco quindi una sorta di western crepuscolare, espressionista. Quasi monocromatico nel particolare viraggio plumbeo della fotografia, anti spettacolare e violento di una violenza meccanica, inevitabile come un movimento ripetuto all’infinito da un macchinario che replica ottusamente la stessa azione anche se in errore. E poi parole, contratti, la strada e i poveracci. La parola perde senso nelle storie di troie  del killer sfatto di James Gandolfini e lo riacquista solo in presenza di un contratto da stipulare, di soldi e di quanti soldi. La strada è colma di quei poveracci strascicati sudati e lerci.

Killing them softly è un Noir post tutto, decadente e dolente. Estetica necrotica del pulp, ormai sepolto. L’azione si sclerotizza in pochi momenti dove la violenza è cruda, triste, deriva in ralenti dell’action movie  orientale ma che ha perso ogni stilizzazione in favore di una disperata ballata morente. E’ un gangster movie già finito, sembra quello che accade dopo i titoli di coda dei noir classici, quei filamenti di violenza che si staccano dalla storia principale e che non interessano più a nessuno. Non è un paese per donne, solo citate millantate, raccontate con parole oscene. Se ne vede una, ed è una puttana. Un corpo venduto, comprato, un giorno ucciso. Questi personaggi hanno la morte scritta in faccia come unico rimedio al fallimento. Rimane l’eco della televisione, delle parole dei potenti e della retorica dell’ipocrisia di stato a creare quella vibrazione dell’aria che da corpo al killer Cogan, cinico e sorridente, spietato che mercifica corpi un tanto al chilo come un uomo d’affari. Un grandissimo film, portatore di una potente, disperata voglia di rinascita. Mentre Obama vince le elezioni, gli affari vanno avanti a gonfie vele. E adesso pagami.

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