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La Tete en Friche - La testa tra le nuvole

Regia di Jean Becker vedi scheda film

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La recensione su La Tete en Friche - La testa tra le nuvole

di OGM
8 stelle

Gérard Depardieu è sempre lui. Anche quando, sul set, mette da parte la sua naturale irruenza per calarsi nei panni di un grosso bambinone, sobriamente romantico e pittorescamente incolto. Germain Chazes è il personaggio che risulta ovunque fuori posto, perché non avrebbe mai dovuto nascere. Figlio indesiderato di una ragazza madre, non ha mai ricevuto affetto né stima, ed è forse per questo che non ha mai veramente imparato a leggere. Adesso che superato la cinquantina, circola con la camicia a quadrettoni ed una salopette da lavoro di colore blu, eternamente inquieto e indaffarato, diviso tra mille attività che non bastano a fare un mestiere: coltivare l’orto, bere con gli amici al bar di Francine, stare seduto su una panchina del parco a contare i piccioni. È cresciuto circondato dal disprezzo e dalla derisione, universalmente definito un buono a nulla, e di questa sua qualifica ha deciso di fare una professione a tempo pieno. È un uomo a metà che esibisce allegramente la sua inadeguatezza, in buona fede ma senza cognizione di causa, onorando, inconsapevolmente, e ad ogni piè sospinto, il suo proverbiale talento di gaffeur. Le parole, nella sua bocca, si tramutano in armi micidiali, che lui tratta come innocui giocattoli, e invece sparano proiettili veri. Sono gli scoppiettii delle tante bolle d’arie che gli riempiono il cervello, e che festeggiano, col botto, la sua beata ingenuità. Fino a che, un giorno, il vuoto della sua mente ne incontra uno gemello, simile ma opposto: quello della solitudine di Margueritte, un’anziana che, a dispetto dell’errore di ortografia contenuto nel suo nome, è un’accanita lettrice ed una persona dalla vasta cultura scientifica e letteraria. L’osmosi è inevitabile, innescata dal contatto fra due bisogni complementari: la curiosità di sapere e la necessità di comunicare. Germain si accorge che, con lei, può recuperare il tempo sprecato a compiangersi per la propria presunta inferiorità, e lei, a sua volta, trova in lui un contenitore in cui versare l’ingente patrimonio di ricordi, appartenenti alla vita e ai romanzi, che ha accumulato in tanti anni. Lei legge a lui i libri, ad alta voce, come se fossero le favole che, non essendo mai stata mamma, non ha potuto raccontare a nessuno. Lei parla, e lui ascolta. A tratti Germain non capisce e si arrabbia, però pian piano, senza rendersene conto, assimila l’insegnamento di fondo proveniente da quella scuola sincera e aperta, senza interrogazioni né rimproveri: la vecchiaia insegna alla mezza età che non è mai troppo tardi per scrollarsi di dosso tutti i complessi e sforzarsi di superare quelli che si era abituati a considerare come i propri limiti. Non basta adattarsi, cercare di amare e convincersi di essere felici: una roulotte, parcheggiata nel giardino della madre, usata come garçonnière per vedersi con Annette, è uno spazio troppo povero e ristretto per accogliere i sogni di un uomo adulto. Occorre conquistare nuovi territori, scavando dentro di sé: e non c’è nulla di meglio, per allargare l’anima, che colpirne ripetutamente le pareti con quelli oggetti pesanti e contundenti che sono i pensieri ostici e le suggestioni inattese. Germain soffre e inizialmente si ribella, sotto quella sassaiola, ma poi scopre gli effetti sorprendenti della trasformazione in atto, a cominciare da quella ricchezza di linguaggio che riesce a dare piena espressione alla sua accresciuta sensibilità. I suoi passi stentati in quel mondo sconosciuto, e apparentemente ostile, dimostrano quanto possa essere difficile ricevere, molto più di quanto non lo sia dare. Apprezzare il dono di un dizionario comporta una sfida tutt’altro che banale, perché sfogliare quelle pagine zeppe di lemmi significa toccare con mano la vastità della propria ignoranza e la scarsa rilevanza che il sapere ufficiale attribuisce alle nostre convinzioni e deduzioni personali. Germain non è d'accordo con la definizione lessicale del termine  pomodoro. Ed è deluso di non trovare, in quelle righe, i nomi delle tante varietà dell’ortaggio che conosce a menadito. L’esperienza di una vita intera è messa impietosamente in discussione. Il frutto tardivo fatica a maturare. Ma alla fine ci riesce, cogliendo quel cuore di saggezza che si nasconde nella spensierata avventatezza di un ragazzo. La tête en friche è la storia di una “testa in riposo”, come un campo tenuto a maggese, nell’attesa che recuperi fecondità e vigore. Un’area intellettualmente vergine dove, al  momento giusto, si può seminare in libertà, sicuri che il raccolto sarà un prodotto totalmente inedito, perché scevro di legami col passato. Germain impara tutto da zero, come un alunno delle elementari. Ma è un principiante determinato e coraggioso, dal carattere già completamente formato: il suo spirito è un folletto dall’involontaria impertinenza, racchiuso in un voluminoso involucro di carne, piena di tenero calore e di ruspante visceralità. È il Depardieu che, per un attimo, depone le armi, per riportare alla luce la sua fragilità di bambino offeso ed insicuro, eternamente in guerra con il mondo.

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