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Le Idi di Marzo

Regia di George Clooney vedi scheda film

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La recensione su Le Idi di Marzo

di mc 5
10 stelle

Un singolare mix di pigrizia e depressione mi ha tenuto lontano per una decina di giorni da questi miei scritti di cinema e sono lieto ora di farvi ritorno (anche se il morbo malefico è tutt'altro che debellato) commentando un film che mi ha visto spettatore soddisfatto nonchè felicemente stimolato alla riflessione. I motivi per apprezzare "Le idi di marzo" sono molteplici e inizierò dal più banale. Nella cerchia dei film usciti nel periodo Natale/Capodanno, diciamo pure che questa pellicola di natalizio o di festaiolo non ha proprio nulla. Anzi forse è vero l'esatto contrario, dato il rigore morale che ne caratterizza l'impostazione, sicchè il pubblico in sala ne trae ben poca ilarità. Il tema è quello, importante, del ruolo che riveste l'etica nella professione di chi si occupa di politica. Non che sia argomento originale, il cinema se ne è già occupato più volte (mi viene in mente il vecchio "Power" di Sidney Lumet), ma qui l'ottimo George Clooney riesce a focalizzare magistralmente l'essenza del problema, e lo fa attraverso un prodotto di intrattenimento che funziona e appassiona. Come si può intuire, non si tratta di opera certo spettacolare, e dunque nutrirei qualche dubbio circa la ricettività di un pubblico che sotto le Feste gradisce cose molto più disimpegnate. Fatemi dire che sono partito da un pregiudizio. Positivo. A me George Clooney è sempre stato simpatico. Apprezzo il suo talento professionale e la sua parabola artistica. Indiscutibile poi la sua nota versatilità: dove lo trovate un attore che salta dalle commedie action brillanti come "Ocean's eleven" a film impegnativi come "Good night and good luck" passando per lo spot del caffè espresso? E poi c'è il Clooney regista, che ci ha offerto finora quattro prove tutte convincenti. In particolare egli si è rivelato cineasta sensibile a problematiche morali e politiche, consapevole di disporre di uno stumento privilegiato per la comunicazione e la circolazione del pensiero e delle idee. La direzione di Clooney in questo film si distingue per asciuttezza e rigore; diciamo che si tratta di opera ben poco ammiccante, che riesce ad appassionare senza espedienti, che conquista l'attenzione attraverso un clima intrigante e facendo ricorso unicamente alla qualità della storia raccontata e alle azzeccatissime caratterizzazioni dei personaggi. Il risultato è un'opera che racconta, adottando registri che vanno dal thriller al noir, che cos'è oggi la cosiddetta democrazia rappresentativa, sviscerandone teatrini, segreti, ambiguità, compromessi e bugìe. E se pensiamo al messaggio -amarissimo- veicolato dal film c'è davvero di che essere sconfortati. Ma la realtà è questa. E questo è il valore di un regista che ci mette in guardia sui rischi coi quali deve fare i conti chi oggi sceglie la carriera politica, pur animato dagli ideali più laici e democratici di questo mondo. Perchè -parliamoci chiaro- se persino un uomo giusto e pieno di buon senso come Obama (il meglio che la democrazia americana possa oggi esprimere) dovesse fallire nel suo compito, beh, saremmo di fronte al più cupo dei drammi. Una parte della critica infatti ha voluto interpretare il pensiero di Clooney proprio come un segnale del fallimento delle buone intenzioni del Presidente. Ma io voglio sforzarmi di pensare che non sia così, voglio lasciare almeno socchiusa la porta della speranza, anche perchè la mia fiducia nei confronti di Obama è ancora intatta (checchè ne pensi mr. Clooney). La storia è tutta imperniata attorno alle "primarie" per scegliere quale sarà il candidato democratico, e in particolare nello stato dell'Ohio, a detta di molti decisivo per il risultato finale. Sappiamo, perchè lo abbiamo visto in tanti film (l'ultimo forse è stato "Milk" di Gus Van Sant) come funzionano questi comitati. E' per noi italiani un mondo a parte, suggestivo nei suoi a volte complicati meccanismi, ma ritengo che abbia ben poco a che fare con il nostro sistema politico. La mia impressione è che nei vari stati USA la gente (almeno quella che va a votare) sia molto coinvolta e motivata, almeno a giudicare dalle scene ricorrenti in questo genere di film, che ci mostrano spesso gruppi molto animati di persone che per strada inneggiano ai loro candidati brandendo ogni tipo di cartello. Fermo restando che le primarie da noi sono una barzelletta mentre in USA rivestono un ruolo fondamentale, tuttavia io penso che l'aspetto centrale del film sia condivisibile ad ogni latitudine: il senso del far politica oggi, in questa società. Fino a che punto è vocazione e fino a quale è "mestiere"? E ancora: un politico come deve gestire la propria trasparenza? Ma soprattutto: un politico democratico, che è super liberale, laico, moderno, garantista, ci dobbiamo chiedere se è persona realmente immacolata? E giusto chiederselo o ci dobbiamo fidare della sua immagine? A letto può fare quello che vuole? E fino a che punto? Sono temi che attengono tutti ad unico grande macro argomento: il rapporto tra POLITICA ed ETICA. Viene da sorridere, perchè la mente va ovviamente subito alle vicende personali di Bill Clinton, ma per quanto mi riguarda mi viene piuttosto da pensare alla statura morale (?!) del nostro ex presidente del consiglio, il quale non si poneva troppi problemi nel gestire un'immagine "double face", segno evidente di un decadimento etico da far paura. Raccontare un film come questo è impresa ardua, esso racchiude troppi eventi e troppi personaggi. Diciamo che ci vengono illustrate nei dettagli le mosse di un comitato per l'elezione del governatore Morris a candidato ufficiale del Partito Democratico (George Clooney) nel cui staff lavorano il "capo" Paul (Philip Seymour Hoffman) e l'esperto di comunicazione Stephen (Ryan Gosling), nonchè la bella stagista Molly (Ewan Rachel Wood). Quello che segue non è che la graduale scoperta di un verminaio di conflitti, ipocrisie, rancori e opportunismi da mettere i brividi. Diversi i momenti intensi e coinvolgenti, tra cui mi piace segnalare la tremenda inquadratura conclusiva, un primissimo piano stretto sul bel volto impassibile di Ryan Gosling, mentre in sottofondo si ascolta la voce del neo-eletto Morris che scandisce le parole "L'ETICA E' IMPORTANTE". Il film possiede un'anima nera che ne diviene ossessione drammaturgica e motivo di fascino. Un senso di malessere contamina uno ad uno i personaggi (nessuno di loro è felice o se lo è sta simulando) e finisce per contagiare anche il pubblico in sala. Ci sono momenti che per chi ama un cinema d'attori sono molto intensi. Mi piace ad esempio rivivere certi sguardi e certe posture di un magico Paul Giamatti. Ma soprattutto ho fissa davanti agli occhi l'immagine di Seymour Hoffman che scende dall'auto di Clooney (dal quale è appena stato licenziato), immobile e con lo sguardo perso nel vuoto: una meraviglia di performance. Per non parlare poi di quello che è forse il momento clou del film: un drammatico dialogo tra Clooney e Gosling, condotto in penombra e sul filo di una tensione estenuante. E non si può non citare un intero cast davvero clamoroso. CLOONEY è misuratissimo, anzi perfetto. RYAN GOSLING è nel ruolo della sua vita, sembra fatto apposta per quel personaggio, in buona parte smentendo quei detrattori che lo definiscono attore inespressivo. EVAN RACHEL WOOD anche lei a suo agio in un ruolo che le sta a pennello. JEFFREY WRIGHT è un superlativo Senatore Thompson (Wright, da molti conosciuto per lo più come caratterista, è in realtà un fuoriclasse). Poi MARISA TOMEI che, qui in un ruolo secondario, è una mia vecchia passione. E concludiamo coi due "mostri". PAUL GIAMATTI l'ho trovato straordinario, incredibile  in tutto, dalla mimica facciale al modo di osservare i suoi interlocutori. Ma chi esce dal film come un gigante è un sontuoso PHILIP SEYMOUR HOFFMAN, magistrale anche solo nel gesto di accendersi una sigaretta. La recensione dell'ottimo Federico Pontiggia del "Fatto" si concludeva con una domanda più che legittima. Esiste in Italia un regista in grado di affrontare un'operazione analoga, tipo seguire le primarie del PD mettendone alla berlina i candidati? Il critico nell'articolo non dava una risposta. Ma posso provare a darla io: Nanni Moretti.
Voto: 10

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