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Dark Horse

Regia di Todd Solondz vedi scheda film

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La recensione su Dark Horse

di mck
8 stelle

Abe & Miranda made a maze.

 

 

Dark Horse”, l’opera settima di Todd Solondz (anche qui, ovviamente, come sempre, scrittore delle proprie regìe), incorniciata tra “Life During WarTime” (il séguito/reboot di “Happiness”, e in mezzo a loro i capolavori “StoryTelling” e “Palindromes”) e “Wiener-Dog”, in attesa di “Love Child”, è una cinicamente spietata e sognantemente illusoria favola nera sull'indole e il carattere, il destino e la sorte, l'epigenetica e la responsabilità.

 


«“I funghi matsutake* ci parlano di come si sopravvive in maniera collaborativa nella confusione e nella contaminazione. Per vivere tra le macerie ci serve questa capacità.”** Non è un desiderio di salvezza o di qualche politica ottimista, né un cinico quietismo dinanzi alla profondità del problema. Al contrario [Anna] Tsing [traccia(ndo) un’etnografia della “salvage accumulation” (“accumulazione di recupero”)*** e del “patchy capitalism” (“capitalismo sparso, irregolare”)***, quel tipo di capitalismo che non può più promettere il progresso, ma può estendere la devastazione ovunque e fare della precarietà la nostra normalità] suggerisce d’impegnarsi a vivere e morire con responso-abilità in inaspettata compagnia. Vivere e morire a questo modo è l’opportunità migliore che abbiamo per coltivare le condizioni necessarie per l’esistere e il progredire.»

Donna Haraway - “Staying with the Trouble - Making Kin in the Chthulucene” - 2019
[“Chthulucene - Sopravvivere su un Pianeta Infetto”, Nero Editions (collana Not), 2019, traduzione di Claudia Durastanti e Clara Ciccioni]

* https://ilmanifesto.it/la-liberta-anomala-del-fungo-matsutake/
** Anna Tsing - “the Mushroom at the End of the World” - Princeton University Press - 2015
*** Un Dizionario per lo Chthulucene... 

 


Jordan Gelber è un protagonista perfetto, qui al suo primo ruolo principale, non solo cinematografico, dopo tante partecipazioni episodiche a molte serie tv anche importanti.

 


Selma Blair (“HellBoy / Golden Army”, “A Dirty Shame”, “Anger Management” e, durant’e dopo la scoperta della malattia, “Mom and Dad” e “Another Life”), qui alla seconda prova con/per Todd Solondz dopo “StoryTelling”. Perfetta lo è altrettanto, se pur diversamente.

 


Christopher Walken e Mia Farrow, impressionanti, interpretano due caratteri prelevati da un limine che mette in comunicazione e in contatto “A ClockWork Orange” con l’universo di David Lynch (da “Blue Velvet” a “Twin Peaks”).

 


Chiudono il cast Donna Murphy, Justin Bartha, Aasif Mandvi, Zachary Booth, Peter McRobbie.


Fotografia: Andrij Parekh. Montaggio: Kevin Messman. Musiche non originali orribilmente terrificanti e sfiancantemente belle.

 


“Abe, so che la vita è stata ingiusta con te. Perché ne vuoi tutti i vantaggi possibili, perché i tuoi sentimenti non sono sufficienti per mettere fine a tutto e cedere. Sei un collezionista di giocattoli, il classico esempio del consumatore occidentale capitalista. Tuttavia, temo che non possa darti alcun credito. Nessun credito, né scambio, né rimborso.”

 


Il passaggio di testimone è tanto quello fisico e labile tra Abe e il figlio quanto quello intangibile e concreto fra Abe e Marie.

Ed ecco che ci ritroviamo in una breccia che collega "A Ghost Story", le piccole sorelle di Kore'eda in "Umimachi Diary" e un paio di episodi dei Simpson.

 

(↑clic↑)


* * * * ¼   

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