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Scialla!

Regia di Francesco Bruni vedi scheda film

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La recensione su Scialla!

di mc 5
10 stelle

"Un gioiello di rara freschezza". Ecco, una di quelle frasi che si usano in questi casi. Oppure potrei citare Battisti: "Un tuffo dove l'acqua è più blu". Il film è uscito da appena 4 giorni e ha già calamitato su di sè le lodi pressochè unanimi della critica, e staziona al quinto posto del box office (posizione dignitosissima, se si pensa che ha dovuto sfidare colossi gonfi e tronfi come Twilight, Anonymus e Immortals). Ed ecco che adesso mi accodo anch'io, come l'ultimo dei pecoroni. Ma cos'altro dovrei fare? E' un film talmente riuscito e per certi versi così "piacione" (termine che uso in senso assolutamente non spregiativo, avrei potuto scrivere piacevole o simpatico) che...come si fa a non volergli bene? Come si fa a non amare due splendide figure cinematografiche come il prof. Bruno Beltrame (Fabrizio Bentivoglio) e l'irresistibile street-boy Luca (Filippo Scicchitano)? Due personaggi che -con ogni evidenza- sono stati scritti con amore, due persone (più che personaggi) tratteggiati con evidente affetto dai due sceneggiatori Giambattista Avellino e lo stesso regista Francesco Bruni. Due ruoli che alla fine ti sembra di averli conosciuti veramente, tanto appaiono credibili, veri, sinceri...quasi ti viene voglia di conoscere davvero quel prof. e quel suo alunno ribelle, di stringere ad entrambi la mano e di invitarli al bar per offrire loro una birretta. Ho letto finora solo critiche positive, ma non mi stupirei nel cogliere qualche voce che intravvedesse nel film un'operina lieve, ai confini con un certo minimalismo. E sarebbe un punto di vista non del tutto da respingere, poichè il film è di fatto molto semplice, sia nella vicenda centrale che nella forma espressiva. Eppure proprio questo sguardo in cui è la semplicità a prevalere è l'arma vincente del regista Francesco Bruni, il quale ci propone due personaggi ben delineati nella loro identità, da un punto di vista drammaturgico piuttosto riconoscibili, anche se poi la sceneggiatura imbastisce attorno ai loro destini tutta una serie di eventi che appaiono in buona parte inverosimili, eppure anch'essi talmente contaminati dalla freschezza generale che lo spettatore è ormai così incline al sorriso che non ci fa neanche più caso a certe "giravolte" di trama di per sè evidentemente improbabili. In sostanza: si parte da una realtà autentica per costruire attorno ad una Roma di oggi una sorta di favola moderna (e una favola infatti non esige la verosimiglianza anzi la rifugge, però la morale di quella stessa favola dev'essere univoca e chiara: esattamente come in questo film, dove alla fine si chiariscono molte cose, si rinsaldano i legami e si smussano le asperità). E fanno parte del gioco (o della favola) anche personaggi di contorno i cui tratti appaiono volutamente alterati, tipo quel boss della malavita, violento  e spietato, e che però adora Truffaut e Pasolini: egli è soggetto sotto gli occhi incuriositi degli spettatori ad una trasfigurazione grottesca e surreale che sorprende e diverte. Ma sono vagamente "fiabeschi" anche i due personaggi femminili del film: una pornostar benestante in pensione, un pò improbabile nei suoi caratteri di persona saggia e di buon senso, e poi la madre di Luca la cui "avventura giovanile" con tanto di "frutto della colpa" suona molto più romanzesca (o letteraria) che reale. Sono personaggi che si muovono secondo i criteri di una fiction ma calati in uno sfondo metropolitano fin da subito percepibile come autentico. Lo scenario è dunque reale, con tanto di suono in presa diretta, colto "dal vivo", pulsante e vibrante. I personaggi, pur altrettanto reali, vivono invece una specie di favola che ne modifica i percorsi di vita. Ed è proprio questo corto circuito tra fiction e vita vera che seduce un pubblico avvezzo a commedie ben più ruffiane fondate sulla simpatia posticcia dei comici televisivi. Vediamo ora le quattro location in cui la vicenda è ambientata, cercando, attraverso la loro descrizione, di delinearne in sintesi la trama. L'abitazione di Bruno, ex insegnante di liceo, in cui egli dà ripetizioni a giovani studenti, fra i quali Luca, spirito indòmito e inquieto, animo di giovane guerriero, amante della vita di strada ed insofferente ad ogni genere di restrizione, sia famigliare che scolastica. Poi c'è la scuola in cui Luca è costretto a soggiornare per troppe ore e nella quale egli vede solo un'istituzione che comprime libertà ed attitudini. E poi, ancora, l'ampia e lussuosa abitazione di Tina, matura pornostar in disarmo che sta fornendo a Bruno gli elementi per poterne scrivere la biografia da ghost-writer. E infine la villa-rifugio di un inedito boss malavitoso nella cui personalità convivono la mentalità spietata del criminale e la passione per l'arte e la cultura. A questo punto, non ritengo sia il caso di raccontare tutto il film, ma invito chiunque a gustarselo al cinema, garantendo che esso tocca corde condivisibili sia dal cinefilo che dallo spettatore da multisala. E veniamo ad un cast vincente sotto ogni profilo. Fabrizio Bentivoglio è da standing ovation, in una delle sue migliori interpretazioni. Oltretutto poi, confesso di essermi ampiamente riconosciuto in questo suo ruolo di loser, di uomo sperduto che nasconde il proprio status di perdente dietro un atteggiamento sornione e disincantato. Adorabile. E che dire della vera grande novità del cinema italiano degli ultimi mesi, Filippo Scicchitano? Un debutto clamoroso, il suo. Un ragazzo dotato di una spontaneità che, se coltivata, combinerà sfracelli. Poi abbiamo una Barbora Bobulova eccezionale, forse mai vista così brava (e così bella!), alle prese con un personaggio insolito e intrigante. E infine un cenno a Vinicio Marchioni, che appare nel ruolo, breve ma molto singolare, di un gangster che cita a memoria Pasolini, e che con brillante arguzia, rifà il verso al suo noto personaggio di "Romanzo criminale". Un discorso a parte merita Francesco Bruni che ha coordinato, scritto e diretto, questo gioiellino di film. Francesco debutta nella regia a 50 anni, dopo una vita spesa a scrivere sceneggiature per altri. Ho qui davanti a me il suo curriculum e una cosa salta subito agli occhi: dei 18 film che lui ha scritto non ce n'è uno che sia una pellicola (come si usa dire) "alimentare". Solo film di qualità, o comunque "curiosi", tutte commedie di buon livello, caratterizzate da simpatia unita ad intelligenza. Il nome di regista cui è stato più legato è quello del  grandissimo Paolo Virzì, ma troviamo anche Francesca Comencini, Roberto Faenza, Mimmo Calopresti. Per inciso, la sua sceneggiatura più "commerciale" appartiene ad un film che esce in sala fra pochissimi giorni, il nuovo lavoro di Ficarra e Picone. E mi piace concludere con una nota di ottimismo. Come ha giustamente rilevato l'ottimo critico Federico Pontiggia, questo film è illuminato da una vocazione particolare. Esso segnala la possibilità, in ambito di commedia italiana, di scorgere una "terza via". Che ci possa consentire di superare un angusto panorama, tra le gare di peti tra Boldi ed Enzo Salvi da una parte, e dall'altra le commedie comiche "intelligenti"(?) all-stars in cui Brizzi ci impone le solite Finocchiaro e Littizzetto di turno. Ora, sperando in un'affermazione popolare di "Scialla", mi auguro che qualcosa stia per cambiare, anche solo una possibilità nuova per il cinema italiano, che rischia di morire tra due fuochi: la volgarità e quello che io chiamo "morbo di Zelig". Andate a vedere "Scialla". Respirerete aria fresca. Sorridendo.
Voto: 10

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