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Tower Heist: colpo ad alto livello

Regia di Brett Ratner vedi scheda film

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La recensione su Tower Heist: colpo ad alto livello

di ROTOTOM
8 stelle

Il crack delle banche d’affari, Lehman Bros. su tutte,  ha aderito come il colesterolo alle arterie degli americani. Un grumo di questi, il più grosso si è staccato è ha cominciato a girovagare spettrale nel cervello di Wall Street provocando ictus a ripetizione.  Madoff, un nome da plum cake dei mattini felici americani era l’operatore piramidale che con aggiungeva carte su carte ad un castello finanziario già sbriciolato alla base. Queste sono quattro righe di storia, il “dove eravamo rimasti”, la crisi, i finanzieri senza scrupoli, il liberismo da saltimbanco che dal giorno alla notte rovina eserciti di ingenui sonnambuli del sogno americano. Bene. A questo scenario soggetto del film si aggiunga un solido stuolo di comici/caratteristi della commedia americana e un saldo aggancio – molto poco casuale - ai monicelliani  soliti ignoti.  E se gli improvvisati ladruncoli del dopoguerra si ergevano a paradigma dell’Italia un po’ improvvisata che si apprestava a rinascere, gli impiegati truffati dal finanziere sono semplicemente i Robin Hood di loro stessi. Post neorealismo contro post liberismo. Ridiamoci su. Di cosa parliamo quando parliamo di commedia ? – Carver mi perdonerà - . Ritmo, prima di tutto, tempi comici scanditi col metronomo e piano iperbolico giustificato solo dal carattere ludico della storia al quale non si può pretendere di misurarne la coerenza con il calibro. Brett Ratner non è John Landis, e va giù pari senza badare a raffinatezze mettendo di fronte alla telecamera ciò che serve per muovere gli ingranaggi, la sceneggiatura è quella classica della rapina impossibile 2.0.  Non si parla della vendita della fontana di Trevi, né de la stangata che non lascia traccia se non nell’orgoglio del truffato. E’ piuttosto un assalto al treno dalla scansione porteriana delle scene in cui ognuno fa del proprio meglio per aderire al cliché necessario per far progredire la storia. La psicologia è delegata alla metafora della partita a scacchi in cui ogni contente fa la propria mossa, sacrificando i pezzi che ritiene necessario per la vittoria finale. Grazie, andiamo avanti. Ben Stiller è il capobanda di una masnada ex impiegati - neo straccioni truffati dal finanziere in esilio dorato nell’attico sul grattacielo e Eddie Murphy, finalmente liberato dal pesante doppiaggio di Tonino Accolla, il Dante Cruciani che dovrebbe saper aprire la favolosa cassaforte oggetto del desiderio della banda ma che di New York emana solo lo stesso afrore di – geniale -  cialtroneria da Gruppo TNT.  Alan Alda è il proto Madoff, mr. Shaw ,  Matthew Broderick, Casey Affleck soci in affari di Stiller e Téa Leoni l’agente federale. Tutti attori in parte che danno il loro meglio nei veloci, gustosi scambi verbali elevando il tono e il ritmo dell’intero film.
Il film di genere ha sempre pescato nell’humus sociale le sollecitazioni necessarie per rigenerarsi, la commedia in questo senso offre la catarsi allo shock della finanza creativa mettendo in scena le goffe manie di protagonismo e vizi con poche virtù dell’altissimo strato sociale che manovra i fili di milioni di vite. Lo sberleffo contro l’inarrivabile comprensione delle logiche del potere. L’egocentrico e arrogante ladrone avrà di che pentirsi delle malefatte compiute e i giusti avranno di che gioire. Non è uno spoiler, è normale che sia così ed è quasi commovente come i buoni sentimenti e le giuste azioni nel mondo dell’illusione cinematografica ricevano l’agognato guiderdone come quasi mai accade nella realtà. Quello che rimane è un perfetto meccanismo di azione, ironia e comicità, una solida commedia come sempre più raramente ne vengono proposte che cita senza vergogna e mira a divertire. Ci riesce, missione compiuta.

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