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Nudi e felici

Regia di David Wain vedi scheda film

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La recensione su Nudi e felici

di FilmTv Rivista
8 stelle

Sotto l’ombrello della Apatow Productions ne succedono delle belle. Il regista è ormai capobranco di un gruppo d’attori, autori e performer vari che non s’accontentano di una commedia rassicurante ma si divertono solo se sparigliano le carte del politicamente corretto - senza esagerare, perché al ragazzo non dispiace guadagnare parecchio - e ha come linea editoriale quella di raccontare senza prendersi troppo sul serio storie “diverse”. Per questo arruola volti noti ma non “conformi”: ecco perché non stupisce, in Nudi e felici (Wanderlust, in originale), la coppia Jennifer Aniston/Paul Rudd. Diversamente belli e sottovalutati - lui è uno dei migliori interpreti di commedia in giro, lei ha charme e verve atipici - si sono lanciati in una storia in cui due esemplari “cittadini”, tutti ambizione e stress e voglia di un loft pur se piccolissimo, sono “costretti” dal loro precariato a trasferirsi. Lui non riceve la promozione, a lei l’Hbo rifiuta un documentario: il mutuo appena stipulato è un ostacolo troppo alto. A malincuore si dirigono verso Atlanta, dall’insopportabile fratello di lui (Ken Marino, anche cosceneggiatore), facendo sosta in un bed & breakfast che altro non è che una comune in cui soldi e soprattutto vestiti, in fondo, non servono. Sarà una notte memorabile e arrivati dal parente serpente, servirà poco per farli tornare a quell’Eden. Dietro la “solita” provocazione targata Judd - anche se la regia e cosceneggiatura sono dell’ottimo David Wain (già autore del gioiello Role Models) - c’è molto altro. E il buon cast, da Alan Alda a Malin Akerman, passando per il guru Justin Theroux e l’enologo nudista Joe Lo Truglio, ci aiuta a saltare oltre la commedia divertente e frizzante, verso una riflessione pungente sulla nostra società. Crisi economica e convivenza civile sono le colonne su cui poggia il film, il rifiuto di utopie a buon mercato è il vero obiettivo. Questa strana banda ci pone di fronte al dilemma di una comunità aperta a tutto, tranne che al diverso (i cittadini, in questo caso), fuori dagli schemi ma con rigide regole. Perché spogliarsi non è sinonimo di libertà, ma a volte è solo un modo per dribblarla. Insuccesso inspiegabile (35 milioni di budget, 25 di incasso), da vedere. E ricordare.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 34 del 2012

Autore: Boris Sollazzo

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