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È stato il figlio

Regia di Daniele Ciprì vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su È stato il figlio

di hallorann
6 stelle

L’esordio solitario di Daniele Ciprì, dopo la traumatica (per il cinema) separazione da Franco Maresco, è un’appendice colorata e contaminata del mondo e dei personaggi di CINICO TV. Busu (un soprannome che apprenderemo alla fine) è un omino della fila delle moderne Poste italiane che intrattiene i clienti in attesa del loro turno raccontando delle storie…Negli anni ottanta in un quartiere periferico e degradato di Palermo i Ciraulo sbarcano il lunario come possono. Essi sono il capofamiglia Nicola, la moglie Loredana, i figli Tancredi e Serenella e gli anziani genitori di lui. I maschi di casa bazzicano intorno ai cantieri navali in cerca di lavoretti e pezzi da svendere. Dopo una giornata trascorsa al mare con gli amici vicini di casa, la piccola Serenella viene uccisa per sbaglio da due sicari di mafia. La disgrazia caduta sulla famiglia Ciraulo si trasforma in riscatto economico tramite un risarcimento previsto per le vittime di mafia. Nell’attesa estenuante dei 220 milioni Nicola, con l’intercessione dell’amico Giovà, si rivolge all’usuraio dal volto umano, il signor Pino. Giunto il malloppo ora bisogna stabilire come spendere la grossa somma (già in parte estinta col debito). La scelta cade su una Mercedes blu, status symbol per eccellenza. Tancredi mentre fa la fila alla posta viene avvicinato dall’intraprendente cugino ventenne Masino in odore di mafia. La sera vanno al cinema con l’auto di Nicola a sua insaputa, Tancredi senza patente urta un segnale stradale procurando un graffio al “gioiello” di famiglia. L’indomani scoppia la tragedia e a sorpresa capiamo il dramma di una vita di Tancredi/Busu. Questi ultimi due personaggi sono interpretati dall’esordiente Fabrizio Falco (in contemporanea con BELLA ADDORMENTATA) e dal bravissimo Alfredo Castro. L’attore caro a Pablo Larrain conferisce alla pellicola un tono di straniamento (completato dalla partecipazione semimuta di Piergiorgio Bellocchio) e di drammaticità solenne al finale e alla sua figura. In precedenza l’impeccabile direttore della fotografia Ciprì ha narrato una paradigmatica vicenda di ignoranza e povertà italiana in cui ancora oggi molti nostri compatrioti considerano l’acquisto a rate infinite di un Suv (non più una pacchiana Mercedes) il bene di lusso da ostentare, il gradino sociale che stupidamente dà superiorità. Esclusa l’intuizione del soggetto (tratto da un romanzo di Roberto Alajmo) sceneggiato dal regista con Massimo Gaudioso, il talento passato espresso con TOTO’ CHE VISSE DUE VOLTE si ferma su un piano che sta tra il comico alla De Filippo, il grottesco alla Roberta Torre (non solo per la canzone reiterata di Nino D’Angelo) e il tragico. Il risultato è piuttosto ondivago, però un motivo valido per vedere E’ STATO IL FIGLIO è soprattutto uno, Toni Servillo in formato super.

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