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L'arte di vincere. Moneyball

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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La recensione su L'arte di vincere. Moneyball

di supadany
8 stelle

Raramente il mondo del cinema e quello dello sport di squadra vanno d’accordo, però ogni tanto, e questo è un caso tanto recente quanto emblematico, si crea un rapporto profondo, soprattutto quando si raccontano delle storie particolari stando attenti ai fattori umani e certamente per questo film non è guastato il fatto di aver affidato la sceneggiatura a (quattro) mani esperte e solide (qui Aron Sorkin e Steven Zaillian).

Stati Uniti, baseball, gli Oakland Athletics sono costretti, causa budget, a vendere i loro pezzi migliori alla concorrenza.

Billy Beane (Brad Pitt), il manager della squadra, cerca un modo per allestire una rosa competitiva e trova nella figura del giovane Peter Brand (Jonah Hill) la chiave per svoltare.

In base a statistiche matematiche compra una serie di giocatori che nessuno vuole più nonostante l’ostracismo di tutti e dopo un inizio poco incoraggiante qualcosa comincia a cambiare.

Che strana la vita, mai avrei detto di potermi appassionare tanto di fronte al baseball, sport che da noi non ha mai avuto fortuna, ma di fronte ad una storia, soprattutto umana, di questo tipo, ed a una realizzazione tremendamente solida e spigliata, cadono anche le (almeno mie) preclusioni più ferree.

Merito soprattutto di una gran bella storia che vanta davvero tanti aspetti notevoli e ben sviscerati come la figura del perdente, che poi a ben guardare nemmeno lo sarebbe (alla fine solo uno vince) di Billy Beane (e Brad Pitt si cala molto bene nei suoi panni lui che tutto è tranne che un “loser”), la rappresentazione del potere che guarda storto ogni forma di possibile cambiamento (il giovane Peter Brand che calcola tutto senza aver bisogno di anni di esperienza nel settore dello scouting), e la proposizione di quei sani principi per cui i soldi non comprano tutto che non guastano mai.

Così “l’isola dei giocattoli difettosi”, come definisce Peter la squadra che andranno ad allestire, da i suoi frutti, ed anche la metafora proposta sul finale, col video del giocatore che goffamente si arrampica sulla prima base senza accorgersi di aver fatto meta (che è uguale a dire che è sbagliato non vedere i risultati conseguiti solo per una partita, decisiva, persa), l’ho trovata decisamente azzeccata.

Storia vera, di quelle che piacciono tanto agli americani, ma non solo, che funziona alla grande, forse si è dato troppo poco spazio alla parte della formazione (ad esempio l’incontro di Beane con il desaparecidos Scott Hatteberg è di quelle che danno la carica, ed altre similari non mi sarebbero dispiaciute) rispetto a quella della consacrazione/conclusione, ma poi si capisce che il centro della narrazione è Billy Beane, un personaggio atipico in tutto e per tutto e che sarebbe bello veder replicato più spesso e non solo negli ambiti sportivi.

In sintesi, si tratta di un (classico, nel senso che propone un’aria di onestà che oggi spesso manca) film (medio) americano fatto col cuore e con senso (oltre che un sano sentimento), corretto, ma non appiattito, che sa coinvolgere con le sue armi e senza bisogno di artifici.

Prodigioso.

Su Bennett Miller

Offre un buon ritmo d'insieme e riesce a far risaltare a dovere i passaggi fondamentali della storia e dei suoi personaggi chiave, soprattutto il protagonista è seguito molto bene.
Lucido.

Su Brad Pitt

Presente anche nelle vesti di produttore.
Si vede che il personaggio principale gli è piaciuto parecchio e vedere un divo come lui calarsi nelle vesti di un "loser" fa sempre un certo effetto.
Bravo comunque a sfatare ogni dubbio fin dalle prime battute.
Determinato, brillante, spossato quando serve, un pò paranoico.
Decisamente convincente.

Su Jonah Hill

Lontano dal suo territorio prediletto, ovvero la comicità demenziale, da un discreto risalto al suo personaggio, stando attento ad essere sempre titubante nei contatti umani, ma rapidissimo quando bisogna spulciare dati e statistiche.
In fase di maturazione.
Discreto.

Su Robin Wright

Pochissime scene per lei, ma dimostra sempre di essere una gran donna.

Su Philip Seymour Hoffman

Ruolo molto rigido e di routine che non gli permette di porsi in evidenza (insomma son ben altri i film consigliati per poterlo apprezzare come si merita).
In ogni caso è precisissimo e puntuale.
Più che sufficiente.

Su Chris Pratt

Compare in una delle scene più ordinarie, ma anche più coinvolgenti (la possibilità che arriva quando si è persa ogni speranza), per il resto non ha molte occasioni per mettersi in evidenza.
Pienamente sufficiente.

Su Tammy Blanchard

Solo una brevissima apparizione per lei.
Ingiudicabile.

Su Glenn Morshower

Si intravede a malapena.

Su Stephen Bishop

Nei panni di David Justice chiamato a guidare i suoi compagni nella risalita della china.
Ha comunque poco spazio e forse poteva averne un pò di più.

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