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L'arte di vincere. Moneyball

Regia di Bennett Miller vedi scheda film

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La recensione su L'arte di vincere. Moneyball

di bradipo68
8 stelle

"Papà sei un gran perdente!"
Ecco in questa frase rivoltagli dalla figlia dodicenne col sorriso ad incresparle le labbra ( tanto a lei del baseball non importa proprio nulla) c'è tutta la storia di Billy Beane, l'uomo della scelta sbagliata, il ragazzo che scelse il baseball al posto dell'Università.
Billy, colui che sta cercando ancora di vincere la partita decisiva della stagione, fermo in un perenne limbo in cui  è tutto bello e incompiuto.
Moneyball cerca di rendere palpabile anche per il non appassionato tutto il romanticismo che si nasconde sul diamante del campo da baseball.
E diventa, quasi senza volerlo, una metafora dell'American Dream, tra mezze parole, fogli di carta con su scritte cifre milionarie che non alleviano l'insoddisfazione, una ambiente talmente competitivo in cui la prima regola è sopravvivere.
Billy da general manager della cenerentola Oakland, la bella incompiuta di cui sopra, squadra fondata su concetti rivoluzionari di matematica e di statistica applicata, deve completare il percorso di crescita che non ha mai terminato perchè un maledetto giorno due talent scout a casa sua, di fronte a lui e ai suoi genitori, scommisero sul suo futuro da giocatore.
Una scommessa persa malamente.
Moneyball è un film grandi firme a partire da una sceneggiatura a quattro mani griffata da Zaillan e Sorkin. La retorica della storia sportiva viene smorzata mentre la metafora vola forse più alta di quanto dovrebbe ma non è un male. Il film sceglie le medie tonalità, senza strappi repentini neanche quando inquadra le partite di baseball e anche la cavalcata del record di vittorie consecutive di Oakland viene trattata con un certo distacco.


L'applicazione dei modelli matematici e statistici allo sport in cui l'errore umano è alla base di tutto il meccanismo ludico ( un famoso telecronista di rugby anni e anni fa quando ancora non era uno sport per la massa diceva che la partita perfetta era quella che finiva zero a zero) non si rivolge solo al gioco in sè ma soprattutto alla proporzionalità che sussiste tra gli investimenti fatti e i risultati sportivi ottenuti.
In un mondo come quello odierno il romanticismo dello sport è quasi del tutto bandito in favore di squadre costruite a suon di denari e di debiti bancari.
Con una buona vagonata  di anni di ritardo ci si accorge che esiste anche il doping finanziario e che è necessario il fair play economico che permetta bilanci in regola.
Ma da che mondo e mondo le squadre che vincono di più sono quelle che mettono più denaro nel piatto.
La filosofia di Oakland spiegata in questo film è quindi rivoluzionaria: scegliendo differenti  criteri di valutazione di giocatori si possono vedere caratteristiche che sfuggano agli altri talent scouts. E questo influisce sul prezzo. Quell'anno Oakland ebbe lo stesso numero di vittorie degli Yankees ma spendendo cinque volte in meno.
Ecco perchè la storia di questo film è da divulgare: per una volta i soldi non sono tutto.
Per una volta lo sport riacquista la sua dimensione romantica.
E Billy Beane rifiuta 12,5 milioni per restare nella topaia di Oakland.
Brad Pitt si trova particolarmente a suo agio nel ruolo di un uomo che non ha mai completato veramente la sua maturazione tra insicurezza e piccole psicopatologie quotidiane(tipo non vedere mai la partita e farsi in compenso un giro in macchina): gli fa da efficace contrappunto un partner come Jonah Hill che è veramente il suo opposto e non solo fisicamente.
Moneyball è la storia di un perdente (di successo) che vuole avere finalmente la sua rivincita.
(bradipofilms.blogspot.com)

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